Regia di Mark Lamprell vedi scheda film
Voto: 7,5-8/10. Scritto e diretto dall’allora regista esordiente Mark Lamprell (due anni dopo aver sceneggiato il non fortunatissimo “Babe va in città”), “Tutto su Frank” è il tipico esempio di commedia indy, genere in cui l’Australia ha un suo punto di forza, anche se raramente esportabile. Le pellicola ruota attorno all’universo bi-polare di una vedova cinquantenne e cattolica, Frances Kennedy (Sinead Cusack), la cosiddetta Frank del titolo (meglio sorvolare sulla solita traduzione italiana, il titolo originale è un più calzante “My mother Frank”), e di uno dei suoi figli, il diciannovenne David (Matthew Newton): mondi in continua attrazione e repulsione, due visioni della vita distinte ma complementari. Vivendo sotto lo stesso tetto, per sfuggire dalle ossessioni, dai tic, dall’onnipresenza della madre, David ha una valvola di sfogo in un parallelo mondo onirico (col quale si apre il film) in cui riesce a conquistare la bella compagna del suo miglior amico, Jenny (Rose Byrne): ma la voce di Frank non gli lascia scampo e lo fa ripetutamente ripiombare tra le purtroppo reali mura domestiche. Con lo scopo di smuovere la madre da questo status d’apatia David ottiene l’effetto contrario: la donna si iscrive alla sua stessa università, frequentando i corsi tenuti dal professor Mortlock (Sam Neill, con parrucchino?). L’apparente irreversibile implosione riserverà parecchie sorprese (complice anche un evento che modificherà ulteriormente, poco dopo il giro di boa della pellicola, gli equilibri), nelle quali avranno un ruolo non secondario Jenny e Mortlock.
Una commedia povera di mezzi ma non di idee, sia narrative che registiche: pur con qualche schematismo a livello di plot o nella descrizione di certi personaggi secondari, alcuni tendenti alla macchietta (es. le due suore), il ritmo è sostenuto, dapprima premendo quasi esclusivamente sul pedale dell’humour, poi, nella seconda parte, con l’innesto di una certa dose, seppur leggera, di sentimentalismo. Diversi passaggi, complici dialoghi ben scritti, sono molto divertenti, non manca una certa dose di ironia e politically uncorrect (perbenismo, religione). Come spesso accade (beh, insomma, dal mio osservatorio), i film australiani hanno una splendida e coloratissima fotografia, non solo quando vengono ripresi i paesaggi (e qualche bello scorcio non manca): in tal caso già i capelli, di un arancione acceso, di Frank e David, gli interni, fino alla canzone che ci accompagna ai titoli di coda, “True Colors” cantata da Joe Stevens. Mi risulta trasmesso da La7 (o TMC) a fine 2001, ma da allora un’eventuale versione italiana pare sparita nel nulla.
Attrice irlandese, spesso in ruoli secondari (“La promessa dell’assassino”, “Io ballo da sola” e “V per Vendetta”), qui brilla di luce propria nei panni della protagonista Frank. La sua intensa interpretazione, che si carica anche di alcuni difetti in sede di scrittura, le permette con facilità di passare dai toni più comici a quelli più seriosi assunti dalla pellicola. Spero di poterla rivedere più spesso.
Beh, una rivelazione: molto divertente il suo David, ha una mimica facciale da tener d’occhio.
In questo caso il ruolo è secondario e anche, sulla carta, in parte acerbo, ma l’attrice australiana se la cava discretamente, regalando a Jenny fragilità, determinazione e aria sognante. “Tutto su Frank”, 6 anni dopo il suo debutto sul grande schermo (“Dallas doll”), uscì in Australia nell’agosto del 2000: poche settimane dopo Rose Byrne avrebbe vinto la meritatissima Coppa Volpi al Festival di Venezia con l’intensa interpretazione della non vedente B.G. in “La dea del ‘67”, assolutamente consigliato, anche se imperfetto. Nonostante la discrezione, nella vita professionale (per anni in Italia molti dei suoi lavori, indipendenti, non sono usciti) come in quella privata, qualcuno, anche da noi, sembra accorgersi di lei, se è vero che nel prossimo numero di FilmTv le sarà dedicato un servizio: vediamo di riparare certi “Damages”…
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