Regia di Baz Luhrmann vedi scheda film
Con "Moulin Rouge!" Baz Luhrmann gioca il tutto per tutto e costruisce il suo film più ambizioso e riuscito, andando a sfiorare tremendamente il kitsch e destrutturando il musical classico per ricomporlo in una giostra ipercinetica di colori e forme che trascina lo spettatore e si imprime sulle sue cornee stordendolo con la forza magnetica di una messa in scena barocca e postmoderna, di una regia deliziosamente fuori controllo e di un montaggio serrato e incalzante. La fotografia, come da prassi nello stile del regista australiano, è luminosa e vivace e contribuisce ad avvolgere il lungometraggio (ma siamo sicuri che lo si possa definire tale?) in una splendente patina da videoclip musicale, mentre le scenografie di stampo teatrale contribuiscono a costruire una dimensione metateatrale/metacinematografica che annulla qualsiasi parvenza di realismo per portarci in un colorato mondo fittizio nel quale l'estro dirompente e aggressivo della regia di Luhrmann e del montaggio scatenato di Jill Bilcock lasciano senza fiato e stordiscono in una fantasmagorica orgia musicalcitazionista pop, la quale è ispirata a "La bohème" di Giacomo Puccini e rispecchia lo spirito anarchico e bohèmien di un certo tipo di cinema moderno, il quale sembra aver fatto dell'ibidrazione di più generi e dell'uso di tecniche visive e di ripresa lontane dalla rigidità del tradizionalismo il proprio segno distintivo, spesso attirandosi il disprezzo della parte più conservatrice della critica e dei cinefili e incontrando l'incomprensione e lo sbigottimento del pubblico. Perché tutto si può dire dello stile di registi come Baz Luhrmann tranne che lasci indifferenti: o lo si accetta e se ne giova grande diletto, o lo si rifugge con disgusto. Perché infilare "Smells Like Teen Spirit" dei Nirvana in "Lady Marmalade" può venire considerato pura follia così come geniale trovata; e tutto il film gode del concatenamento di canzoni famosissime, riarrangiate e reinterpretate per l'occasione: si và da Elton John ai Queen, dai Police a Madonna, e così via, in un allucinante circo di mirabolanti invenzioni visive e musicali che sfiorano coraggiosamente il pacchiano (a volte anche toccandolo, ma è un'esibizione talmente festosa e coinvolgente che si soprassiede volentieri). E la trama non può che parlare enfaticamente di amore, amore tra uno scrittore bohèmien che cerca nel Pigalle di Parigi l'ispirazione data da una vita libera e mondana e la prima ballerina e all'occorrenza prostituta del Moulin Rouge, un amore impossibile e struggente osteggiato dal destino, dagli interessi economici e dal potere di un duca invaghitosi della bella ballerina, in una vicenda che finirà per intrecciarsi con lo spettacolo teatrale scritto dal protagonista basandosi proprio sulla relazione tra lui e la sua amante, in una sovrapposizione continua della materia filmica, teatrale e reale. Il finale è intensamente melodrammatico e, se nella finzione il lieto fine è assicurato, nella realtà cinematografica non è purtroppo così. "Moulin Rouge!" è in definitiva un grande spettacolo che appaga lo spettatore, imperfetto questo sì, ma trainato dalle interpretazioni superlative di Nicole Kidman, Ewan McGregor, John Leguizamo e Jim Broadbent (un grande attore che apprezzo sempre di più in ogni film in cui lo vedo recitare) e portato al limite massimo raggiungibile dall'esuberanza stravagante del suo regista.
« La cosa più grande che tu possa imparare è amare e lasciarti amare. »
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