Regia di Zack Snyder vedi scheda film
E insomma Zack Snyder s’è messo in testa de fa’ Kurosawa. Probabilmente traviato e condotto sulla mala via anche da certi recensori che ebbero l’ardire di paragonare la sua versione di Justice League ad un film del grandissimo maestro giapponese, ha deciso di rifare (con “briosa creatività”) I sette samurai nello spazio (ma probabile il suo orizzonte culturale si fermi più che altro a I magnifici sette).
Al mix aggiungere Guerre stellari e una mezza dozzina di altre opere pantografate senz’alcuna inventiva, shakkerare per bene, e servire dunque il nuovo frullato de merde, dal sapore più inebriante di una miscela soprammisura di prugne purganti.
Tocca di nuovo fare i conti con il passo elefantiaco del regista – non proprio un maestro del suggerire e dell’approfondire – e con la sua ormai cronica incapacità di evitare l’eccesso smodato: e quindi, come di consueto, ecco un film rimpinguato di troppi personaggi e troppi avvenimenti, peraltro mai particolarmente sviluppati o intriganti, nonché appesantito dallo stile brevettato di prammatica, fatto di ridicola seriosità (manco fossimo in presenza d’un film dotato di chissà quale autentica gravitas, di un film di John Ford o Sergio Leone) e tendenza al sensazionalismo.
E pensare che, a tratti, incredibile ma vero, Rebel Moon par quasi essere la sua miglior opera dai tempi di Watchmen (il che è tutto dire). Peccato che, puntualmente, quando il film sembra lì lì per risollevarsi, ecco che spunta l’ennesima “snyderata” ad affossarlo di ritorno: ad esempio il centesimo banalissimo dialogo o il milionesimo ralenti piazzato di continuo, ovvio, alla cazzo di cane, senza alcuna logica.
La sceneggiatura infligge allo spettatore un frenetico alternarsi di sequenze (e annessi personaggetti e pianetini) che si dimenticano dopo un minuto e di “colpi di scena” di comica prevedibilità. E pure gli attori – frequentemente imbambolati – non aiutano.
La fotografia, poi – un profluvio di color correction di dubbio gusto – è alquanto irritante, fa venir quasi male agli occhi e per giunta, in almeno una sequenza, cambia di punto in bianco (nella parte dell’arrivo del terribilissimo “colonnello Stiqatsi”: all’esterno rosso sparato iper-saturo, all’interno grigio spento; così, come se niente fosse, da uno stacco – ovvero da un secondo – all’altro: ah però!).
Gli effetti digitali sono onnipresenti e fin opprimenti, tant’è vero che il film appare (perché lo è) tremendamente finto e artefatto – certo per colpa anche della sopraccitata fotografia – e mai riesce a rendere un poco credibili (“plastiche”, realistiche, “concrete”) le ambientazioni.
Per riassumere, rimane ancora tristemente attuale quanto scritto ai tempi per l’altra perla ZSJL: “siamo qui in presenza del solito, oramai “ben codificato”, modello Snyder. Il quale consta, in estrema sintesi, di: abuso di ralenti piazzati lì a bella posta come a dire “ma guardate quanto so’ bravo e so’ figo”; perenni scivoloni para-splatter che forse nella sua concezione servono a darsi un tono; sbandate incontrollate nell’abnorme utilizzo della CGI; incrollabile e aprioristica predilezione per la cupezza (esasperante specialmente in considerazione della suprema banalità e goffaggine dell’insieme); tendenza al gigantismo fracassone del tutto fine a se stesso; totale assenza di trame e soprattutto sceneggiature che abbia senso definire tali.” Jeez.
In tutto codesto minestrone rigurgitato, vien molto difficile trovare qualcosa da salvare, tant’è vero che questa volta paiono essersene accorti finanche tanti “snyderiani” doc, a giudicare perlomeno dalle impietose medie che il film ha raggranellato nei più disparati siti di cinema.
In conclusione, non si può che definire fremente e frenetica l’attesa per il prosieguo di questa “epica” saga fantascientifica che sa già di muffa a neanche un mese dall’uscita. Yeah!
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