Regia di Marcello Cesena vedi scheda film
Marito, moglie e figlia adolescente stanno per partire per una vacanza esotica, quando si accorgono di avere il conto completamente prosciugato. Pur di non ammettere di non potersi permettere le ferie, fingono di essere andati via e si rinchiudono in cantina.
La storia parte dagli stessi presupposti de Il settimo continente (1989), l’esordio cinematografico di Michael Haneke: padre, madre e figlia fingono di partire e si rinchiudono in realtà in casa. Ma gli sviluppi in Mari del sud sono nettamente distanti, tanto che la tragedia inquietante dai profondi e insondabili risvolti psicologici messa in scena dal regista austriaco non ha nient’altro (ma poco, comunque, in effetti non è) da spartire con la ridanciana commedia di costume che Marcello Cesena dirige e scrive – dichiaratamente partendo dalla pellicola tedesca Sudse, eigene insel, di Thomas Bahmann, 1999 – una dozzina di anni più tardi. Mari del sud è un film gradevole, per quanto non abbia nulla di trascendentale da offrire nei contenuti e la sua critica sociale all’acqua di rose non vada oltre al bozzetto, alla descrizione superficiale di una famiglia ricca incapace di adattarsi – e di ammetterlo – al suo nuovo status di ‘decaduta’. La coppia centrale formata da Diego Abatantuono e Victoria Abril è un’occasione più unica che rara: le dinamiche non sono buonissime, ma il mestiere c’è e salva il salvabile; fra gli altri interpreti non mancano volti degni di nota: Barbara Bouchet ed Enzo Iacchetti in comparsate, ma anche Chiara Sani, Giulia Steigerwalt, Antonio Stornaiolo e Stefano Scandaletti nelle parti di maggior rilievo. Risate a denti stretti, parafrasando la celebre rubrica della Settimana enigmistica, ma almeno risate: le ombre scure dei cinepanettoni – prima cosa che viene in mente pensando a italiani + vacanze in un film – non arrivano da queste parti. 4/10.
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