Regia di Mohsen Makhmalbaf vedi scheda film
Quando uscì fu davvero un film evento, poco importa che non fu campione d’incassi. Ero piccolo, ma ricordo che se ne parlò con grande entusiasmo. È presto detto il perché. Non è semplicemente una fiction, è molto di più. Una storia realistica nella quale s’innescano situazione vere, attinte dalla realtà dei fatti, dalla vita vissuta nelle martoriate terre del Medio Oriente. E piena di speranza. La vicenda della giornalista Nafas, di ritorno dal Canada per dissuadere i propositi funesti della sorella, è solo il pretesto, il fil rouge grazie al quale possiamo assistere ai drammi di quel mondo. E così in quel viaggio della speranza troviamo bambini bistrattati perché non leggono bene il Corano, ragazzi alla ricerca di protesi per le gambe e le braccia, uomini disposti a spacciarsi per mariti pur di non creare altri problemi, medici, che in realtà medici non sono, in crisi esistenziale, spose fiduciose. Mohsen Makhmalbaf, tra i registi più titolati per trattare di questi argomenti, illustra una realtà che odora di verità, nonostante qualche ingenuità nella rappresentazione di alcune tragedie che ispirano umana angoscia. Tuttavia resta un film importante, necessario per capire la condizione femminile nella società islamica vittima del fondamentalismo, non timoroso di far vedere anche l’altro lato, quello più democratico e moderato. Sotto un sole eclissato “metafora dell’oscuramento della ragione” (Morando Morandini) e dietro un burqua opprimente e buio, spicca la prova illuminata e dolente di Niloufar Pazira, una donna islamica che ormai guarda con gli occhi dell’occidente civilizzato.
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Voto: 7.
Molto bene.
Molto bene.
Illuminata e dolente.
Interessata e pertinente.
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