Tempi duri per l'ex trentenne aitante MiKe (Channing Tatum), ballerino spogliarellista di professione che oggi, alla soglia dei quaranta, sfodera sempre un fisico sgargiante in linea con quello ostentato fieramente nelle due pellicole precedenti, ma si porta dietro una brutta fregatura negli affari che lo ha costretto a riciclarsi come barista tuttofare.
In occasione di una festa nella dimora di una ricca divorzianda, Mike ha occasione di intrattenersi proprio con la padrona di casa (la pupattolona tutta curve Salma Hayek, in gran forma considerando le 56 primavere ottimamente portate che la caratterizzano) che, infatuata del ragazzone, se lo porta a Londra coinvolgendolo in un progetto che intende rilanciare un vecchio teatro appartenente alla famiglia facoltosa dell'ex consorte di lei.
Per Mike quella occasione si trasforma, oltre che nella possibilità di aiutare la sua nuova fiamma, nell'operazione con ciu intende porre termine, in modo esemplare, alla propria carriera di ballerino per sole donne.
Steven Soderberg, tornato dal 2017, dopo un silenzio artistico di quasi cinque anni, a dirigere a ritmi costanti un progetto cinematografico dietro l'altro, riprende il personaggio del bel Mike per concludere una trilogia di un certo successo, diretta (nel primo episodio) e prodotta nel suo seguito, cercando di volgere ad una conclusione plausibile.
Anche stavolta la tecnica ed abilità di regia del regista di Sesso, Bugie e Videotapes, Traffic e Erin Brockovich non si discute.
Ma anche in questa occasione, come capitato non poco nella carriera di rilievo del cineasta, e specialmente nelle ultime fatiche, la completa mancanza di pathos e di un afflato genuino in grado di tradurre in emozione concreta i sentimenti che animano i protagonisti della vicenda, finisce per trasformare in meccanici burattini di carne i muscolari ballerini coinvolti in spettacoli visivamente filmati in modo esemplare, e di tradurre in un personaggio di bella, matura e viziata ricca signora incontentabile uguale a mille altri cliché, il ruolo da annoiata protagonista affidato alla celebre, bellissima attrice messicana.
Fastidioso l'io narrante della adolescente figlia della protagonista, a cui si celano risibili scene quasi innocue ma non il contesto che sta alal base di tutto il soppalco produttivo dello show.
Scene di ballo ardite, coreografate con lodevole perizia e filmate con mano sicura, ma senza che mai trapeli l'ombra di una parvenza di erotismo che non si riduca ad immagini plastificate e patinate, ove i ruoli femminili e maschili si riducono a meri cliché, portavoci di una scontatezza disarmante, e testimoni di un vuoto totale che finisce per fagocitare tutta l'opera.
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