Regia di Marc Forster vedi scheda film
Potremmo definirlo come il trionfo della confusione: un regista che presenta una commedia che fa piangere ma non ridere, morale che va dal criticare il mondo d'oggi, per poi propagandare teorie gender e far assurgere una blogger a salvatrice della patria. Bah.
Non così vicino... non così commedia! Difficile pensare che questo film possa essere altro, se non drammatico. Un'opera che si occupa di morte, separazione, tempo che passa, suicidio, difficilmente avrebbe potuto essere leggera. E non è questa l'eccezione che conferma la regola. Sgombrato il campo dagli equivoci, e appurato che se il regista intendeva far ridere non ci è riuscito (o, perlomeno, non è ciò per cui suggerire la visione), che ne è di tutto il resto?
In questa, che definirei età decadente del cinema, assistiamo al consolidamento di alcune abitudini. Prima fra tutte, quella di affiancare a un protagonista famoso (o arcifamoso!) dei comprimari totalmente ignoti, e spesso mediocri nell'aspetto e nella recitazione. La seconda, e assai più nefanda (e nefasta), è la tendenza a veicolare messaggi ideologici monomaniacali e fanatici, improntati all'agenda 2030 dei circoli di Davos, WEF, Fabian Society, con lo scopo di distruggere la società dall'interno, facendo però credere di salvarla da false/farse minacce (vd. pandemie inventate), e, soprattutto, investendo moltissimo nell'affermare il credo collettivo che chi dissente sia un demente complottista. Qui il teorema si declina da solo: la presenza del tutto gratuita del giovane trans (da donna a uomo), con relativa solidarietà del protagonista. Vogliamo scommettere che nell'originale, di cui questo è il remake, non c'è questa storia? Ritorno a scrivere dopo ave controllato: nell'originale, infatti, il giovane in bicicletta è un normalissimo ragazzo che lavora in un negozio di kebab. Del resto la forzatura è palese: questo signor Otto detesta tutto della modernità ed è così ottuso da non ammettere nemmeno di comprare un'auto di marca diversa. Non si capisce come arriverebbe a simpatizzare con l'ideologia gender.
Propaganda a parte, l'opera rimane sospesa in uno squilibrio irrisolvibile, continuamente inseguendo le situazioni leggere tipiche delle commedie (vd. clown, sbarra d'ingresso, etc.), ma senza i tempi comici e senza suscitare ilarità. Per converso, tutto il resto è un travagliato viale dei ricordi con nostalgia e drammi che si rincorrono.
La morale, se non fosse annacquata e corrotta dall'ideologia di cui sopra, potrebbe essere corretta e giustificare la visione: inserita in questo contesto, rimane sicuramente fruibile, ma "avvelenata". Resta, quindi, la critica sociale di un mondo sempre più isolato, distratto e confuso, con ragazzini (piccoli o adulti, poco cambia) inconsapevoli, privi di carattere e di competenze, e indotti a vedere se stessi come stereotipi anzichè come persone complete. Peccato, poi, che tutto ciò sfoci nel contraddittorio più totale e becero: la blogger che salva tutti con l'adolescente trans, etc.
Insomma, un pasticciaccio brutto dove tutto si confonde, perfino il genere... dell'opera!
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