Una neonata con la sindrome di Down viene abbandonata dalla madre che nemmeno la riconosce e si dilegua. Toccherà ad una infermiera accorata inventarle un nome ed un cognome.
Ma Luca, giovane tenace e dolce che ha fondato e lavora in un centro per disabili, venuto a conoscenza del fatto, e da tempo desideroso di poter almeno ottenere in affido un figlio, nonostante non sia sposato ed anzi sia anche dichiaratamente omosessuale, si batte con tutte le sue forze per ottenere la piccola in affidamento, puntando poi, grazie all'aiuto di una tenace ed energica avvocatessa, ad arrivare all'adozione: la prima in Italia concessa ad una persona single, come accadde a Luca Trapanese, le cui tormentate e concitate vicissitudini hanno rappresentato la fonte di ispirazione del film che riporta in regia Fabio Mollo.
Un regista già avvezzo a trattare un certo tipo di tematiche inerenti a un concetto di famiglia più allargato e sui generis, basti pensare al suo riuscito Il padre d'Italia del 2017 con Luca Marinelli.
L'epopea di un ragazzo single e gay che utilizza tutte le proprie risorse per portare a termine quella che viene considerata, già in partenza, una vera missione impossibile, ovvero aspirare al ruolo genitoriale che umanamente gli si confà meglio che ad ogni altro vero padre, raggiungendo un insperato buon esito, fa emergere anche il malcostume di un paese che, una volta tanto, consente ad uomo un formalmente non titolato al ruolo di accedervi solo nei riguardi degli orfani reietti e dei non desiderati.
Un genitore di riserva, padre di coloro che nessuno accetta come figli.
Nata per te affronta una tematica che stringe il cuore, e Fabio Mollo affronta di petto la tematica cercando di mediare il sentimento alla vicenda giuridico-morale che costituisce un primo passo avanti verso una nuova e più aperta ed umana modalità di affidamento dei minori senza genitori naturali.
Lo stile della narrazione risente purtroppo di ritmi e cadenze sin troppo televisive, e si perde in eccessivi intervalli che ragguagliano sull'adolescenza travagliata nei sentimenti del sensibile protagonista.
Anche il ruolo del protagonista, ricoperto con gran buona volontà dal giovane Pierluigi Gigante, forse finisce per nuocere un po' al film nel suo complesso che si trova un po' ostaggio di una caratterizzazione inevitabilmente condizionata da una certa inesperienza di fondo, per la quale forse sarebbe stato più utile un attore un po' più noto ed in grado di trasmettere maggiore empatia.
Per fortuna nel film giunge presto una travolgente Teresa Saponangelo, la migliore tra tutti, che scalda il parterre e fa dimenticare, con il suo ruolo forte e volitivo, ogni altro momento di stanca, riuscendo davvero ad illuminare il film con un personaggio che meriterebbe un approfondimento tutto suo e magari un reboot ove sviluppare come merita le sue sfaccettature complesse, ironiche e sin scanzonate di madre e professionista tenace a tempo pieno.
Completano il variegato cast Barbora Bobulova, integerrima P.M. incaricata di decidere la sorte delle domande di adozione, Iaia Forte, madre dapprima assai scettica, poi decisamente più appassionata del protagonista, Alessandro Pivani nel ruolo del fidanzato del protagonista, e Antonia Truppo nei panni della dolce infermiera che si prende carico di trovare nome e cognome alla piccola trovatella.
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