Regia di Liliana Cavani vedi scheda film
Un asteroide forse sta per colpire la terra, e un gruppo di amici si ritrovano nella casa al mare di una di loro per festeggiare i suoi 50 anni. Gli scienziati nel mucchio però sanno dettagli sull’arrivo dell’asteroide, conoscono probabilità velocità e traiettorie, e non sono in grado di nascondere la loro preoccupazione. Facendo preoccupare così tutti gli altri a effetto domino, in una graduale spoliazione di ipocrisie (inoffensive), tradimenti e falsità assortite.
In realtà il film di Liliana Cavani, che torna a un film per il grande schermo dopo Il gioco di Ripley del 2002, non nasconde che l’asteroide è una scorciatoia per raccontare uno scorcio esistenziale di Italia sospesa nel nulla, borghese ma con tanti sensi di colpi, rimorsi e dubbi amletici su Dio e la vita. Ogni personaggio è messo a forza di fronte a un bivio, che richiede la reazione - positiva, negativa o neutrale - di un’altra persona presente, innescando dei microscontri a due che rimettono in gioco sessualità, professione, buon senso, amore e religione.
Cavani dissemina il film di citazioni alla tragedia greca, al confronto fra teologia e scienza, al cinema e alla musica che più le piacciono (Charlie Chaplin e Leonard Cohen fanno capolino in momenti totalmente staccati dal resto del racconto), ma si scorda di dirigere, montare, modellare i drammi e gestire la coralità. Il film è, nel migliore dei casi, una fiera sconclusionata del trash involontario, da Claudia Gerini che si siede a tavola come uscita dallo spot della De Cecco fino ad Alessandro Gassman che reagisce in modo improbabile all’arrivo del suo figlio illegittimo tenuto nascosto alla famiglia. Piovono a dirotto outing, confessioni, assurdità alla luce del sole - Angeliqa Devi come giornalista del Guardian che pensa alla viralità del suo articolo sull’Apocalisse, Inaudi che chiede di rinviare le riflessioni sull’esistenza perché vuole un caffè, il Viktor di Richard Sammel che sciorina opinioni non richieste sulle oscillazioni in Borsa - tanto che il risibile mondo borghese privilegiato messo in scena sembra totalmente assecondato, accudito, coccolato, senza che i segreti e gli altarini scoperti durante il film diventino l’evidente contraddizione di alcune vite insulse e ipocrite. Cavani perdona tutti incoraggiata da un affetto cristiano eccessivamente buonista, impilando facili risoluzioni e scialbe introspezioni caratteriali. Con una trascuratezza formale e una piaggeria talmente esibita da rasentare l’osceno.
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