Regia di Rob Cohen vedi scheda film
Nel 1955 ci fu la corsa del coniglio; nel 1993 ci furono i ragazzi che si sdraiavano sulla linea spartitraffico; oggi ci sono quelli che praticano nelle strade di Los Angeles il “drag racing”, le corse di accelerazione con automobili di importazione. Solo tre dei film che raccontano la sfida con la morte e con se stessi dei giovani americani inquieti. Se il primo è un capolavoro (“Gioventù bruciata” di Nicholas Ray), gli ultimi due (“The Program” di David S. Ward e l’attuale “Fast and Furious” di Rob Cohen) sono onesti film di genere che giocano sulla spettacolarità. L’America puritana si indigna, oggi come ai tempi di “The Program”, ma non si preoccupa più di tanto di andare a scavare nelle cause del disagio giovanile e non tiene in conto l’effetto catartico di questi film. In realtà, “Fast and Furious” (incassi inaspettati nell’estate americana e immediato rimbalzo moralistico sulla stampa d’oltreoceano) è da prendere come un B-movie appena cresciuto negli effetti speciali: a rotta di collo, divertente, adrenalinico. Non a caso, il titolo cita letteralmente un film del ’54 di Roger Corman (“The Fast and the Furious”, dove John Ireland evadeva dal carcere e per raggiungere il Messico si aggregava a un gruppo di corridori automobilistici) e denuncia apertamente la sua natura di puro intrattenimento.
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