Regia di Luna Gualano vedi scheda film
La guerra del Tiburtino III parte da uno spunto chiaramente debitore allo sci-fi anni '50, il cui tema portante erano gli ultracorpi e l'infiltrazione aliena negli uomini, e lo declina sin da subito in toni da commedia politica, cattiva e scorretta, suggerendo continue metafore inerenti il reale.
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Sì, ma cos'è il primer?
È questa la domanda che, più che ogni altra, potrebbe attanagliare la mente di chi, poco pratico di make-up, lo sente citare innumerevoli volte nel corso de La guerra del Tiburtino III. Tanto più che, nello specifico, questo prodotto ha, per gli alieni che popolano il film, lo stesso ruolo che il paletto di legno ha per i vampiri. Google, Siri, o chi per loro, vengono in soccorso informando che trattasi di un liquido che serve per preparare le unghie all'applicazione di gel o prodotti acrilici.
Ebbene, questo prodotto abbonda in casa di Marica per via della professione che svolge, quella di casalinga-manicure; in una casa, la sua, particolarmente frequentata da elementi esterni, dato che oltre ai suoi clienti transita anche qualche amico di suo figlio Mauro, detto Pinna, che è il pusher del quartiere, l'ospite più pericoloso lo porta il padre Leonardo - e senza nemmeno saperlo - sotto la forma di una piccola pietra nera che in realtà nasconde la 'regina' di una stirpe di vermi fluorescenti venuti dallo spazio per colonizzare prima il Tiburtino III, quartiere alla periferia est di Roma, e poi l'intero pianeta.
Terzo film della giovane regista Luna Gualano, La guerra del Tiburtino III parte da uno spunto chiaramente debitore allo sci-fi anni '50, il cui tema portante erano gli ultracorpi e l'infiltrazione aliena negli uomini, e lo declina sin da subito in toni da commedia politica, cattiva e scorretta, suggerendo continue metafore inerenti il reale: la paura del diverso, la credulità popolare, la superficialità nei rapporti interpersonali.
La chimica tra il contesto della borgata, i suoi personaggi, e l'elemento alieno, assume un ruolo fondamentale, risultando a conti fatti uno dei motori e dei motivi di interesse del film; il quartiere Tiburtino III è rappresentato come un vero e proprio microcosmo i cui abitanti si muovono partendo da un punto di equilibrio, e l'intervento alieno cambia le carte in tavola, ma non necessariamente in senso negativo, se è vero che i vermoni riescono ad infiltrarsi solo negli uomini permettendo - indirettamente - alle donne di (ri)guadagnare potere, e se aliena al contesto va considerata, come di fatto è, anche la svampita fashion blogger Lavinia (una spassosa Sveva Mariani), che arriva lì da un'altra zona di Roma seguendo un trend topic alla ricerca di visibilità, attivando dinamiche relazionali singolari oltre che surreali.
Semplice e divertente ma a suo modo sottile, La guerra del Tiburtino III conferma (dopo il buon Go Home - A casa loro) Luna Gualano tra le migliori nuove leve del cinema di genere italiano.
Curiosamente (e hitchcockianamente) la regista si è ritagliata un piccolo cameo: nel finale, è la prima persona in fila davanti alla porta del 'mago' (è impossibile fornire altri dettagli per evitare spoiler sconvenienti).
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