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Blow

Regia di Ted Demme vedi scheda film

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La recensione su Blow

di FilmTv Rivista
6 stelle

Quel bravo ragazzo George Jung e il suo passaggio da allegro consumatore e piccolo spacciatore di marijuana sulle spiagge californiane anni ’60 a primo trafficante di cocaina sul suolo statunitense a metà degli anni ’70. Ogni rimando al film di Scorsese del 1990 non è casuale perché, almeno nella voce off del protagonista di “Blow” che racconta e commenta svagato e accorato la propria fantasmagorica ascesa e precipitosa discesa, c’è lo stesso sapore di naturalezza iperreale del diario in diretta di Henry Hill. Anche “Blow” come “Quei bravi ragazzi” è tratto da un libro che racconta una storia vera: al posto di Nicholas Pileggi Bruce Porter, e al posto di Scorsese Ted Demme (il fratello di Jonathan), che continua a provarci ma non riesce ad afferrare la caustica genialità del fratello. E dire che in “Blow”, per la prima metà, sembra aver colto il ritmo segmentato e lo spirito caustico che potevano rendere il film il ritratto ilare e spietato di una “vita eccellente” americana. Un ragazzo di campagna, con padre moralmente ineccepibile e madre avida e insopportabile, che va a verificare le sue illusioni e la sua insofferenza nella California dei surfer, delle ragazze in bikini e dei falò sulla spiaggia, degli hippie, il fumo, le minigonne a fiori; poi, l’accelerazione della vita, il passaggio dal sogno al commercio, la frenesia dorata dei ’70 e primi ’80. Quasi una rivisitazione cormaniana che vira verso l’aerea amoralità di certi film di Jonathan, dove qualcosa di travolgente ti fa ruzzolare sulla soglia della rovina senza smettere di farti sorridere. Ma con il crack e la concatenazione di tradimenti che affossano George Jung, l’atmosfera, suo malgrado, si incupisce, il messaggio incombe, il pianto serpeggia. Difficile fare Scorsese se non si ha il suo senso della tragedia e il suo serrato rigore stilistico. E “Blow” finisce per appiattirsi in una narrazione che corre verso un finale scontato, e per non dimostrarci niente, se non che un disgraziato ha avuto la vita rovinata (a più riprese) da una madre ignobile e da amici infidi.

 

Recensione pubblicata su FilmTV numero 40 del 2001

Autore: Emanuela Martini

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