Regia di Ken Loach vedi scheda film
Sfogliando il vocabolario Ken Loach alla voce Navigators, troviamo parole come privatizzazione, flessibilità, eclissi del sindacato, incidenti sul lavoro, disoccupazione. È infatti questa la lunga catena infilata nel 1995 da un gruppo di operai specializzati delle ex-ferrovie dello stato - Paul, Mick e gli altri, appunto - prima di arrivare all'ultimo anello, quello della morte sul lavoro. Abbandonati gli addetti alle pulizie di Los Angeles di Bread and roses, il regista britannico torna alla fauna che gli è più congeniale, quella dei colletti blu inglesi divisi tra un lavoro possibile ed un privato vivibile. Optando per un racconto corale, Loach mette in scena le trappole nascoste in un altro vocabolario, quello del modernariato postindustriale che con il termine flessibilità - sinonimo di mancanza assoluta di garanzie sul lavoro - vorrebbe farci credere che stiamo andando tutti verso una società migliore. Ma l'ottimo lavoro di documentazione realizzato dal team di Loach e la lucidissima sceneggiatura di Rob Dawber smascherano il trucco, mostrando un'umanità angosciata, lasciata a sé stessa, per la quale l'unica parola che è sinonimo di speranza è solidarietà.
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