Regia di Ken Loach vedi scheda film
VOTO : 6/7.
Loach getta l’ennesimo sguardo sul mondo proletariato britannico che assomiglia (sarà per la globalizzazione?) a quanto purtroppo si vede sempre, e di più, in giro in tutto il mondo evoluto.
Usa un tono disilluso ed ironico, che già ha utilizzato con successo in precedenza, per raccontare un’ordinaria storia di lavoro precario, di sfruttamento del personale nel mondo delle ferrovie, dove chi comanda pensa di aumentare la produzione tagliando nel contempo le spese legate alla protezione dei diritti dei lavoratori.
Sembra una contraddizione in termini, ma è poi quanto si vede tanto più oggi, dove la situazione è assai peggiorata rispetto agli anni novanta in cui il film è ambientato.
Loach convince ancora (ma avrei quasi paura di vederlo oggi alle prese con quanto si vede, forse è talmente rassegnato che non ne ha più voglia) con una storia dove trova le giuste venature per mettere un nuovo tassello nella sua filmografia volta al sociale.
Certo non si respira aria nuova e si ha anche la sensazione di averlo già visto, ma lo stile di questo autore è inconfondibile e sempre (o quasi) apprezzabile anche quando non c’è un grande rinnovamento.
Un buon film per temi affrontati e stile narrativo.
VOTO : 6/7.
Affronta temi a lui cari, già trattati da lui probabilmente meglio, ma in ogni caso il suo stile rimane inconfondibile e necessario.
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