Regia di Aaron Horvath, Michael Jelenic vedi scheda film
Non vorrei esagerare nell’identificazione di “peculiari segni dei tempi”. Il fatto che filmetti come questo riescano puntualmente a battere ogni record d’incassi, però, qualcosa dovrà pur dirla circa questa nostra epoca di “grandi universi espansi” (e dunque annessi sequel, midquel, sidequel, prequel, remake, reboot, sparati fuori al ritmo d’una catena di montaggio); “Intellectual Properties” (per gli amici, “IP”) trasportate di qua e di là tipo super-carrozzone pubblicitario; grandi major da far impallidire qualunque antitrust sempre più guidate da algoritmi e manager milionari che col cinema c’entrano pressappoco come E. L. James con la letteratura.
Abbiamo già avuto modo di sperimentare i sublimi risultati di tale deriva con perle quali Space Jam: A New Legacy e Sonic. Ma anche – per quanto attiene ai vari universi cinematografici e alle continue rimasticature (dal sapore sempre più estasiante) – con gli ormai disastrati cronici MCU e DCU nonché con gli imperturbabili rifacimenti “in live-action” dei classici Disney (e, in quanto ad “uncanny valley”, il prossimo venturo La sirenetta promette faville [non vedevate l’ora, ammettetelo]).
In un mondo (perlomeno occidentale o ad ogni modo relativamente agiato) dove si rifila in mano ad un bambinetto di 1 anno il cellulare per smanettare era forse inevitabile che i gusti si facessero sempre più “usa e getta”, piagati dalla nefasta influenza di scorticanti influencer (i "Me contro Te" insegnano) e soprattutto del tutto indifferenti a qualsivoglia differenza di medium.
Ed ecco dunque che si giunge dritti dritti ad un sedicente film quale The Super Mario Bros. Movie. Sedicente in quanto appunto di cinematografico non ha pressoché nulla: in molti segmenti sembra davvero di trovarsi in presenza di una tediante seduta di gioco, di altri.
Non si scorgono tracce di regia o trama di qualche consistenza, e neppure di suspense. Non v’è nulla d’interessante figurativamente (al netto dell’indubbia fluidità e qualità delle animazioni: ma qui si vuole intendere più che altro qualcosa di creativo, di bello, di visivamente intrigante: nah, è tutto semplicemente un continuo ripescaggio dalle grafiche dei vari videogiochi).
"In compenso" ci si deve sorbire una sfibrante parata di cosiddetti “easter eggs” ovviamente riservati in esclusiva agli iniziati che sicuramente si arraperanno come ricci. Forse il “film” potrebbe anche interessare ad un’altra ristretta categoria: gli under 6. Ma fino ad un certo punto: non solo perché alla lunga annoia (l’assenza di pathos quasi sempre, in ogni contesto, pesa come un macigno, così come la mancanza di un cattivo solido e memorabile), ma anche perché pure per loro si può trovare ben di meglio (classici Disney animati di cui sopra compresi).
A proposito di animazione e per ritornare a monte: scorrendo la lista dei migliori incassi nel genere ci si accorge di come negli ultimi 5 anni almeno i film a conquistare le vette di classifica siano sempre peggio (con le “punte di diamante” di Frozen II e del remake del Re Leone). Fase transitoria? Si spera.
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