Regia di Amos Gitai vedi scheda film
Non si capisce il senso e la necessità di “Eden”, che viene dopo due film su temi forti, due film necessari, “Kadosh” e “Kippur”. Parte da un romanzo di Arthur Miller, narratore e teatrante non eccelso che qui recita la parte del vecchio padre (negli Usa) di un giovane affarista che pensa di far fortuna nella Palestina del ’40. Dove troviamo sua sorella con il marito architetto nazionalista e un intellettuale bibliomane buberiano che cerca giustizia e convivenza. Ai margini, una giovane terrorista anti-inglese che finisce in galera. Anni bui. La fotografia è elegante e decolorata, le scene poche e lunghe, e qua e là muratori vanno edificando sulle rive del mare. Si parla poco e si fa poco, per 90’. E poi a cinque minuti dalla fine succede di tutto: il racconto del marito che ha fatto la campagna d’Italia sullo stupro di gruppo di una contadina, il suicidio dell’intellettuale, la solitudine della donna nella Gerusalemme di ieri e anche di oggi. Un film rispettabile, poco convinto o convincente, minore.
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