Regia di Bertrand Bonello vedi scheda film
Il suo volto è un simbolo della Nouvelle vague, ma questa volta i “quattrocento colpi” sono un’allusione sessuale. Jean-Pierre Léaud è il pornografo del titolo, autore di oltre quaranta film a luci rosse prima del declino e del ritiro. Per motivi economici accetta infine di tornare dietro la macchina da presa, in produzioni scalcagnate, e intanto fa i conti con la propria vita personale: un figlio che si riavvicina ma che non incontra mai, una moglie che lo ama ma dalla quale vuole allontanarsi. Disilluso, “Le pornographe” del giovane Bertrand Bonello. Con una splendida prima parte in cui si riflette sulla messa in scena applicata al porno: il lavoro del regista, dell’attore. Scene d’erotismo che si vorrebbero “artistiche” e che invece per contratto devono essere deprivate di qualunque poesia. Attraverso Léaud rivive una generazione che idolatrava la caméra-stylo, la macchina da presa libera e selvaggia, quando filmare (anche) il sesso era un atto politico. Nel mezzo del cammin della sua vita il pornografo si ritrova solo, arido, tra i resti di quello che voleva essere e non è. Bello e intenso il film di Bonello, nonostante qualche concessione di troppo all’autoreferenzialità autoriale (un concetto che si traduce in noia). Jean-Pierre Léaud, va da sé, è un gigante del pensiero.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta