Regia di Paolo Sorrentino vedi scheda film
Omonime esistenze parallele che combaciano nel turbine della fama, del successo materiale, dell’aspirazione esponenziale. Due uomini diversi con troppo in comune tranne l’essenziale. Uno strafottente, menefreghista fino al midollo, vive con la musica ma è pronto a tradirla per un colpo di libertà, per l’illusione di grandezza personale; l’altro sensibile e altruista, vittima di un sistema egoista di cui anche il suo omonimo, inconsciamente(?), fa parte e per questo, in fondo, in fondo, cerca di rimediare eliminando il cap(r)o espiatorio. Sorrentino incupisce le tinte che, a tratti, finiscono per essere poi troppo brillanti e svolge due storie intrecciate in un unico senso: il valore esistenziale. Prima della conversione allo stile americano sapeva già fare bene pur mancando quella caratterizzazione artistica che oggi rappresenta il suo cinema. È semplicemente una storia, ricca di significati e con una morale profonda ma è uno stile acerbo che sembra non soddisfare a pieno. Ma, dopotutto, è solo l’inizio anche di quel sodalizio che lo legherà a Toni Servillo, espressivo quanto a volte eccessivo, piacevole ma non eccellente, a tratti (quasi) più coinvolgente Andrea Renzi che possiede quel malinconico sguardo perenne. Un’opera prima valida, che getta le basi per il buon cinema, firmato Paolo, che sarà.
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