Regia di Paolo Sorrentino vedi scheda film
Antonio Pisapia (Renzi) è un calciatore di serie A, timido, onesto, laconico ed introverso, determinato a diventare allenatore non appena avrà raggiunto la pensione pedatoria. Ma Antonio Pisapia (Servillo) è anche un cantante per palati ruvidi in stile Fred Bongusto, un rodomonte crapulone, tirannico, traditore e cocainomane al quale piace godersi la vita senza dover fare rinunce. Omonimi, entrambi residenti a Napoli, i due Pisapia toccano i vertici del successo negli anni '80, per poi venire dimenticati da tutti. Il calciatore muore suicida (il riferimento all'ex capitano della Roma Agostino Di Bartolomei è addirittura esplicito), il cantante finisce sorridente nelle patrie galere.
Il primo lungometraggio di Sorrentino è un film coraggioso, originale, ben costruito, recitato assai bene da Toni Servillo ma complessivamente carente rispetto alla recitazione degli attori, carico di simbolismi e a tratti persino pretenzioso. L'ascesa e il declino dei due omonimi viene raccontata facendo incontrare i protagonisti soltanto in un onirico sottofinale e ponendo interrogativi ambiziosi: se nella vita - come recitano i titoli di testa - il pareggio non esiste, perché tra i due Pisapia ce n'è uno di troppo? Forse che la doppia incompletezza di due uomini riusciti a metà equivarrebbe alla piena riuscita di uno solo?
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