Regia di Paolo Sorrentino vedi scheda film
Promettentissimo debutto di Paolo Sorrentino (poi mantenuto nel prosieguo carriera) che, guardando alla storia del calciatore Agostino Di Bartolomei (omaggio non dichiarato ma evidente), propone una storia ben scritta e dai contenuti tragici, orchestrata in via inizialmente parallela attorno a due personaggi omonimi molto diversi tra loro, ma accomunati dal triste destino di essere personaggi pubblici vittima di una parabola che, a poco a poco e per motivi diversi, li ha portati a essere abbandonati a loro stessi lontano dalle luci dei riflettori. Se il più scanzonato cantante interpretato da Tony Servillo riuscirà a tirare avanti, finendo però per la terza volta in carcere, quello più sognante e silenzioso di Andrea Renzi vedrà nel suicidio la via di uscita a una vita che ormai gli ha voltato le spalle.
Sorrentino dimostra fin da subito una tecnica briosa dietro la macchina da presa, muove il mezzo con mestiere e gusto e si avvale di attori ben gestiti. Tra tutti brilla colui che diverrà un feticcio del regista ovvero Tony Servillo. Attore gigione, burlonesco pure nella drammaticità di un ruolo macchiato da vizi censurabili (abuso di cocaina e pedofila) che controbilanciano le abilità canore che, in passato, hanno portato il personaggio a scalare le classifiche della hit parade. Una deriva da cui il cantante cercherà di riscattarsi vendicando la morte dell'omonimo e retto ex calciatore tradito da un presidente cinico ed egoista. "Il calcio è un gioco e tu sei profondamente triste" dice il presidente all'aspirante allenatore, di anno in anno rinviato al mittente, tagliandogli definitivamente le gambe. Il Pisapia allenatore è un personaggio sognante e preciso a cui non verrà mai concessa quell'opportunità che avrebbe meritato sia per i valori mostrati sul campo sia per l'impegno sui libri (terzo classificato nel corso di Coverciano) e l'intraprendenza tattica.
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