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Tornando a casa

Regia di Vincenzo Marra vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Tornando a casa

di degoffro
8 stelle

Opera verista, dallo spirito profondamente verghiano: il riferimento cinematografico più immediato, anche se non necessariamente il più corretto, è senza dubbio "La terra trema", celebre trasposizione viscontiana del capolavoro di Verga "I Malavoglia". Il film d'esordio del napoletano Vincenzo Marra (classe 1972, ma già aiuto regista per Marco Bechis in "Garage Olimpo" e per Mario Martone in "Teatro di guerra"), premiato quale migliore opera prima nella sezione "La settimana della critica" alla 58° edizione della Mostra del Cinema di Venezia, dove ha raccolto altri diversi premi collaterali, "trasfigura l'attualità nella metafora ed il realismo nella parabola" (Il Mereghetti). Nato da un'immagine che è rimasta dentro al regista per diversi anni ("quella di un viaggio fatto con i miei genitori da Pantelleria alla Tunisia. Mi ricordo che rimasi tutto il tempo con gli occhi attaccati al finestrino su quel tratto di mare, quel mare teatro di conflitti e di speranze oggi come ieri") il film è un affresco appassionato, vibrante, crudo, aspro e sincero su un mondo che appare arcaico, lontano e remoto, eppure fa parte dell'Italia del duemila. Ha detto giustamente il regista: “Quello che succede oggi è veramente paradossale: ci sono pescatori italiani che vanno a pescare in un pezzo di mare africano perché è molto più pescoso: e ci sono migliaia di africani che rischiano la vita per venire a vivere e a lavorare in Italia. È una guerra tra poveri, un doloroso conflitto, una guerra illogica”. Interpretato da ottimi, sofferti e credibili attori non professionisti (quasi tutti autentici pescatori del circondario di Procida, dunque nella parte di se stessi, secondo la lezione del miglior cinema neorealista italiano), "Tornando a casa" non è solo un documentario rigoroso, lucido, incisivo, certo ostico, su uomini che hanno fatto "della barca la propria madre e del mare il padre" (dalla sceneggiatura del film), sulla fatica e sul sudore di un mestiere difficile, quasi anacronistico, come quello del pescatore che porta spesso a stare lontani da casa, lavorando instancabilmente a ritmi forsennati ed in condizioni spesso proibitive, sul mare verso il quale questi pescatori non possono che nutrire un sentimento allo stesso tempo di amore e di odio, perché fonte di vita e possibile causa di morte ("E’ una storia che parla del mare come sogno di una cosa e di una casa, valore dell’anima, sintomo di fratellanza, perché questa è gente che non tradisce. Dicevano in famiglia mia: ci sono i vivi, i morti e i naviganti che da sempre vogliono tornare". - Vincenzo Marra), ma è anche la visione disincantata e tutt'altro che rassicurante, molto fisica e partecipe, mai comunque didascalica o inutilmente folcloristica, del sud del nostro paese tra povertà e difficoltà a (soprav)vivere, criminalità organizzata, delinquenza minorile, immigrazione clandestina, integrazione razziale. Forse Marra mette troppa carne al fuoco e la seconda parte ricorda eccessivamente "Lamerica" di Gianni Amelio, ma "Tornando a casa", parlato in un dialetto napoletano molto stretto, non sempre di facile comprensione, comunque indispensabile valore aggiunto che non nuoce alla fluidità di un film fatto più di gesti, volti, sguardi, ambienti che di dialoghi, ben radicato nella realtà che racconta, ha il coraggio di "tracciare, con una sensualità per gli elementi e le facce inconsueta nel nostro cinema, la mappa di un Mediterraneo che è patria e deriva." Toccante il personaggio di Franco, giovane che desidererebbe andare in America con la sua donna, per iniziare una nuova vita (la sequenza in cui, in giro per negozi, acquista un abito e scarpe nuove per Rosa e poi li sistema sul letto, orgoglioso ed innamorato, è davvero emozionante). Efficace il paradossale capovolgimento di prospettiva con cui il regista/sceneggiatore risolve la tragica vicenda dello stesso Franco che, privato dell'amore della vita, si finge clandestino e lascia un presente di dolore e smarrimento per un futuro incerto e sconosciuto, ma comunque da poter vivere, nella speranza che davvero "la pace sia con voi". Il finale risulta essere così uno dei più intensi e poetici che il cinema italiano ci ha regalato negli ultimi anni. Tra Pirandello e Antonioni. Musiche di Andrea Guerra, fotografia di Ramiro Civita. Prodotto da Amedeo Pagani e Gianluca Arcopinto, distribuito dalla Sacher di Nanni Moretti. Nomination quale miglior regista esordiente tanto ai David di Donatello (vittoria a Marco Ponti per "Santa Maradona") quanto ai Nastri d'Argento (vittoria a Paolo Sorrentino per "L'uomo in più"). Premiato al Festival di Valencia come miglior film, ma riconoscimenti sono arrivati anche dal Festival del cinema italiano di Annecy (Gran premio ex aequo con "Luce dei miei occhi") e dal festival di Buenos Aires (miglior film e fotografia). Grolla d'oro al miglior regista rivelazione dell'anno 2001.
Voto: 7+

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