Regia di Thomas Carter vedi scheda film
L’affettuosa madre di Sara è morta mentre correva in auto per non mancare al saggio di danza della figlia. Sara, devastata dai sensi di colpa, appende le scarpine al chiodo. Ma neanche a farlo apposta, quando si trasferisce a casa del padre, jazzista sballato, e comincia a frequentare la scuola del ghetto, conosce un ragazzo di colore che balla meravigliosamente l’hip-hop. E così lei impara l’hip-hop, lui entra in conflitto con gli amici del ghetto e lei con il padre a causa della liaison birazziale, ma il ballo concilierà tutto e tutti. Il “musical sociale” ha una gloriosa tradizione in America, i musical Warner degli anni ’30 erano “teatro politico” a tutti gli effetti. Tanto più triste appare dunque l’esito di un film finto-trasgressivo come questo, in cui gli scorci urbani si perdono in una noia mielosa e dopo 10 minuti si può indovinare a occhi chiusi lo svolgimento. Quel che non ci si aspetta è la totale delusione della parte ballata. Già, perché i due protagonisti, modesti come attori (quando Julia Stiles medita sulla morte della madre è catatonica), sono anche “doppiati” nelle parti ballate più difficili, e il clou con l’esibizione di lei stile “Flashdance” è tremendo almeno quanto il montaggio alternato iniziale (incidente d’auto/piroetta!).
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