Regia di Alejandro Amenábar vedi scheda film
Non c'è peggior cieco di chi non vuol vedere. Vecchio proverbio che ben si presta a riassumere la vicenda che Amenàbar ha voluto narrare in questo suo lavoro, opera che ad oggi rappresenta il vertice della sua carriera.
Una algida, compassata e inappuntabile Nicole Kidman nei rigorosi panni di una signora della buona borghesia inglese, vive reclusa in un lugubre maniero assieme ai suoi figli, nell'attesa che il marito torni dalla guerra.
L'angoscia dettata dalla mancanza di notizie sull'amato coniuge è aumentata dai problemi contingenti con cui la donna deve lottare ogni giorno, a cominciare dalla strana malattia che affligge i due bambini, una forma di allergia alla luce che li obbliga a vivere nella penombra, per proseguire con la gestione dell'enorme magione, abbandonata dal personale di servizio, nelle cui stanze e corridoi sembrano manifestarsi misteriose ed inspiegabili presenze.
L'arrivo, in apparenza casuale, di tre domestici, due donne e un anziano, sembra portare almeno un po' di sollievo alla stremata padrona di casa, ma le pagine più importanti della storia attendono ancora di essere tracciate.
The Others è di fatto la rilettura che Alejandro Amenàbar fa della lezione di Hitchcock, riproponendo temi ed atmosfere che sono stati la cifra stilistica del grande Alfred. Sono molti i passaggi del film in cui aleggia lo spirito del maestro londinese, a partire dalla protagonista che per l'eleganza austera e la sofistica e fragile bellezza richiama certi personaggi interpretati da Grace Kelly (e non è certo un caso se il personaggio interpretato dalla Kidman porta il nome di Grace).
Le atmosfere cupe e ombrose che avvolgono i protagonisti, la ricerca del dettaglio (dai piani sequenza sulle porte chiuse delle stanze fino allo specchio della camera dela protagonista che riflette il letto vuoto, nella scena del dialogo fra Grace e il marito ritornato, dettaglio su cui il regista pare insistere come a voler connaturare quel passaggio di un forte simbolismo) e, soprattutto, l'uso della suspance seguendo rigorosamente i dettami hitchcockiani.
Qui davvero tutto richiama gli insegnamenti di Sir Alfred.
Se è lecito parlare di omaggio, è altrettanto doveroso riconoscere la grande abilità del regista spagnolo che, pur seguendo le indicazioni di uno dei più grandi maestri del cinema, al contempo non rinuncia alla propria cifra stilistica lasciando intravedere tra le righe alcuni temi che affronterà in altri lavori, a partire dalla critica alla religione (in particolare quella cattolica) come contenitore di vuoti formalismi cui aggrapparsi e sottomettersi in una negazione della realtà, critica che si esplica nella religiosità bigotta e vuota della protagonista e che sarà alla base del deludente e scombinato Agorà.
Inoltre, Amenàbar in qualche maniera si distacca dal suo maestro ponendo la storia di The Others sotto la prospettiva del soprannaturale (cosa decisamente estranea ad Hitchcock), fino alla soluzione finale che lascia lo spettatore di stucco.
Si è tentato di sminuire questa pellicola ponendo in risalto i debiti del suo autore verso altre pellicole con tema analogo (in primis Il Sesto Senso di Shyamalan, ma anche alcuni titoli meno celebri dell'horror degli anni '70) o per il fatto che la storia in fin dei conti è fortemente influenzata dal racconto Il giro di vite, capolavoro di Henry James.
Tuttavia negare l'assoluta validità di un prodotto finale in cui la storia si sviluppa come il movimento di un complicato meccanismo senza che un ben che minimo ingranaggio giri a vuoto e senza che ci sia un solo intoppo nelle varie componenti, equivarrebbe ad una arrampicata sugli specchi.
Siamo in presenza di uno dei migliori thriller che il cinema abbia prodotto negli ultimi decenni, poco importa che la componente soprannaturale rivesta qui un ruolo fondamentale, cosa che d'altra parte è innegabile. Ma limitare questa pellicola alla categoria dell'horror appare davvero troppo riduttivo.
Viene da pensare in conclusione, e chiedo perdono per l'ardire, che questa pellicola avrebbe potuto essere un prodotto dell'ingegno hitchcockiano se il magnifico Alfred si fosse accostato all'occulto.
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