La recensione su The Black Cobra 2

di mm40

3 stelle

Robert 'Bob' Malone è un poliziotto di Chicago dai metodi un po' eccessivi; a seguito dell'ennesimo brutale omicidio di un criminale, il capo di Bob decide di mandarlo a un corso di 'buone maniere' tenuto dell'Interpol a Manila, nelle Filippine. Appena sbarcato a terra, a Malone viene sottratto il portafogli; si mette così alla ricerca del ladruncolo insieme al collega del luogo McCall. I due trovano il borseggiatore facilmente: ma è stato assassinato. Malone e McCall intuiscono di essere sulla scia di qualcosa di ben più problematico di ciò che pensavano.

Cobra (1986), con protagonista Sylvester Stallone, ha prodotto uno scopiazzamento all'italiana in tempi record: The black cobra, diretto in quello stesso anno da Stelvio Massi. Il discreto successo di quest'ultima pellicola deve aver fatto dire al produttore Luciano Appignani “E perché no?”, tanto da averci riprovato – questa volta con la regia di Edoardo Margheriti – nel 1989 con The black cobra 2. Fantasioso nel titolo, ma anche di più nei contenuti: la sceneggiatura che il regista scrive insieme a tale Paul Costello è un'accozzaglia di sparatorie, botte, inseguimenti, scene di stunt senza sosta, con qualche battutina risibile e una serie di personaggi tagliati con l'accetta manifestamente buoni o manifestamente cattivi. Margheriti, che sceglie di firmarsi con lo pseudonimo Dan Edwards, è un esordiente dietro la macchina da presa, ma si è già fatto una buonissima esperienza negli anni precedenti come assistente di suo padre Antonio; il lavoro è portato a termine con la debita cura e l'azione – tanta, pure troppa – è diretta con mano sempre salda. Fred Williamson è il valido protagonista, tanto a suo agio nel ruolo di Bob Malone che verrà richiamato a interpretarlo altre due volte negli anni immediatamente successivi; altri nomi di particolare risalto nel cast dell'opera non ve ne sono. Curiosamente il protagonista era un poliziotto brutale di New York nel primo capitolo e qui è un poliziotto brutale di Chicago. Tanto ritmo, tanta azione, poca sostanza – ma non ci si poteva attendere altro. 3,5/10.

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