Regia di Stefano Sollima vedi scheda film
Miglior film romano di Stefano Sollima, almeno ad oggi,e con pochi dubbi,il miglior film italiano del 2023. Nonostante qualche inverosimiglianza che non giustifica fino in fondo la scia di sangue che scaturisce per la caccia di tutto il film da parte dei carabinieri corrotti, ad un ragazzino anche abbastanza sprovveduto e poco all'apparenza, per quello che comunque sa di loro, pericoloso.
Convincente per una volta l'ambientazione in una Roma estiva piagata dalla tipica canicola, e apocalitticamente sconvolta da devastanti incendi all'orizzonte,che provocano persino la cancellazione di tutti i treni e il caos nelle stazioni, oltre che continui blackout a spegnere tutta la città nella notte, solcata dal suggestivo rumore delle turbine degli elicotteri antiincendio, altro marchio registico di Sollima figlio. E alquanto simboliche piogge di fuliggine e cenere, fughe in massa del pennuto popolo dell'aria. E convince pure l'aggancio degli anziani e malati protagonisti, come ex appartenenti alla Banda della Magliana, che fossero di piccola o media caratura nella stessa. Favino mimetico al massimo e quasi irriconoscibile, offre una bella impersonificazione nella parte di Cammello, più defilato un vecchio Servillo come Daytona e forse della sua maniera,riuscendo anche ad essere abbastanza sorprendente nella scena in macchina con Giannini e Di Leva, che già si era maturata dalla precedente sequenza al bar e sala scommesse.
Mastandrea/"Pulniùman" ha più che altro una "partecipazione speciale", e nella quale riesce comunque a ispirare quasi pietà, per la brutta fine che fa. E come spesso accade in questo tipo di storie, mai fu più premomitore il suo consiglio che altrimenti sarebbero finiti tutti male, a Vasco/Adriano Giannini, l'"anima nera" del film.
Brava una anche lei irriconoscibile Silvia Salvatori, nella parte della tatuata, coattissima in minigonna e scarpe con il tacco da zoccola, della però buona e apprensiva donna/moglie di Cammello.
Curata la fotografia di Paolo Carnera, in linea con le produzioni di Netflix presente anche qui, ipercolorata e liquida, con estrema sensibilità notturna alle fonti di luce come quelle dei neon. Attenzione riconoscibile di Sollima, derivata da una certa emulazione di Michael Mann, per le architetture e la loro incombenza, pure influenza sul carattere dei personaggi, con un occhio a luoghi romani magari meno ritratti dal cinema pure recente, come la stazione Tiburtina, l'ex ospedale Forlanini, piazza Ara Coeli, piazza del Gesù, Largo Argentina, e alcuni scorci periferici che riportano ad alcuni riconoscibili poliziotteschi romani del passato, ma anche al primo "Fantozzi". Finale che cita apertamente "Heat- La Sfida", emozionante, previsto, eppure pienamente riuscito, anche per le buone interpretazioni di tutti nelle dense seppure con qualche lungaggine, due ore precedenti. In particolare un buon Adriano Giannini cattivo, sempre più corpulento. Colonna sonora non particolarmente incisiva dei Subsonica, però di buon commento per diverse sequenze. Da urlo l'utilizzo di Califano e "Tutto il resto è noia" sui lunghi titoli di coda, con le Polaroid dei tre protagonisti giovani negli anni '70 o '80, allora amici e assieme, in montaggio alternato con il loro presente obituario, o nel cubo pressato di una macchina dalla pressa meccanica di uno sfasciacarrozze. Altro marchio registico ormai, di Sollima figlio.
Migliore come sceneggiatura e sfondo delle vicende, dei caratteri e dei personaggi, del vicino anche come uscita cinematografica ma non come ambientazione- lì a Milano-, "L'Ultima notte di Amore", sempre con Favino.
Ted_Bundy1979
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