Regia di Gianni Zanasi vedi scheda film
Mala tempora currunt. Stiamo pericolosamente stazionando sull’orlo del baratro e tutto è avvenuto sotto i nostri – distratti e irascibili - occhi. Una congiuntura desolante su tutti i livelli, ai più alti con tensioni internazionali che, sia per quantità sia per intensità, non si registravano da decenni, così come tra la gente comune che, anche se in molti casi non c’è una dettagliata presa di coscienza, è ormai sul punto di scoppiare, mandando in malora anche i rapporti più semplici, con una rabbia accumulata negli anni (di pace, quando eravamo felici e tutto pareva andare per il verso giusto) e un’impotenza dettata da una visione di prossimità limitata e striminzita, che non dispone degli strumenti per capire e guardare lontano.
D’altronde, in fondo al tunnel non ci aspetta niente di buono. Ciò detto, non devono mai mancare gli stimoli, la ferrea volontà di impugnare ogni brandello disponibile per cercare di alterare il corso degli eventi.
Tom (Edoardo Leo – La dea fortuna, Smetto quando voglio) cerca di non far morire l’allevamento di vongole di famiglia, sebbene nella vita avrebbe voluto fare tutt’altro. Lea (Miriam Leone – Diabolik, 1992-1993-1994) ha deciso di remare contro i voleri della sua famiglia, nella fattispecie di suo padre (Massimo Popolizio – Sono tornato, I predatori), un funzionario militare e governativo di alto rango.
Le loro strade s’incrociano proprio quando un contrasto diplomatico tra l’Italia e la Spagna alza l’allerta militare ai massimi livelli, con un ulteriore contributo negativo fornito dall’intromissione della Francia.
Mentre Lea ha in mente un piano che potrebbe fermare il conflitto sul nascere, Tom è costretto dall’amico Mauro (Giuseppe Battiston – Pane e tulipani, Zoran, il mio nipote scemo) a diventare un paramilitare.
Nonostante le difficoltà del momento, che vanno a radicarsi sulle loro situazioni precarie, Lea e Tom non hanno alcuna intenzione di gettare la spugna senza lottare.
Gianni Zanasi non si smentisce mai, ci prova con tenacia e batte strade scomode. Con War – La guerra desiderata getta nuovamente il cuore oltre l’ostacolo, come avvenne per i tumulti dell’anima espressi in Non pensarci, per le sgrammaticature a fin di bene de La felicità è un sistema complesso e per quelle condizioni che sfuggono alle concezioni ordinarie di Troppa grazia.
Questa volta va ancora oltre, - ça va sans dire - oltrepassa il Rubicone, avendo pensato a questo soggetto – come riportato in calce - nel 2019, tra le ipotesi di un conflitto in territorio europeo e degli attriti tra Italia e Francia (in questo caso, per quanto in termini – per ora e fortunatamente - differenti, si parla proprio di queste ore), amplificando sia i meriti indiscussi sia le debolezze marcate appartenenti al suo cinema.
Tra i pregi, vanno annoverati l’accantonamento di dogmi e consuetudini, quelle ricette assodate e le tabelle precompilate che dominano e tramortiscono il cinema (soprattutto quello italiano), la testardaggine che richiede/pretende una piena autonomia, che non si spiaggia sui cliché, che volta pagina emettendo inquietanti segnali di fumo, delineando un piano inclinato che, in ordine sparso e con volitiva autenticità, descrive un imbarbarimento massivo, una crisi – individuale e collettiva – che morde (ad esempio, prodotta dai tranelli burocratici che tolgono il sonno), comportamenti assurdi che si materializzano non appena la guardia si abbassa.
Contemporaneamente, l’esecuzione è frastagliata e sgraziata, ingolfata tra asset portanti e note esplicative (alcune appena accennate), la miscela tra dramma e commedia risulta altamente instabile, né essenziale né calcolata scientificamente, il tragitto finisce lungo in più tornanti e non mancano nemmeno sbavature evidenti (per esempio, in un incipit frettoloso, di clamorosa svogliatezza).
Infine, il regista di Vignola conferma l’affetto che nutre per i suoi personaggi e quindi per gli interpreti. Per Edoardo Leo è una nuova tappa da inserire nel suo percorso di crescita personale come attore, Miriam Leone indossa una veste inedita, mentre Giuseppe Battiston sguazza a meraviglia nei panni di un invasato, un fanatico che attendeva in grazia l’occasione per sfogare sentimenti odiosi e repressi.
A conti fatti, War – La guerra desiderata è un film tremendamente e dannatamente attuale, con un bilancio contrastato. Strapazza i canoni della regola dell’arte e scuote dal torpore con audacia, recepisce, rielabora e pronuncia stringhe di sintomi preoccupanti che covano sotto i nostri piedi e che andrebbero presi con le pinze, mentre il fianco è in troppi casi vulnerabile, mostrando squilibri dannosi.
Tra stilettate efficaci e fondamentali claudicanti, gesti di coraggio e istinti violenti, reazioni impavide e umiliazioni seccanti, atti di dissidenza e bandierine ideologiche, schegge impazzite e outsider che fanno sentire la loro voce.
Fragile e gagliardo.
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