Regia di Cinzia Bomoll vedi scheda film
In provincia di Modena esiste un paese dal nome esotico ma che non ha nulla a che spartire con l'omonimo stato a stelle e strisce. Un paese dal quale le gemelle Ester e Alice vorrebbero fuggire, ma nel quale crescono vivendo in maniera simbiotica.
Il microcosmo che si srotola davanti agli occhi dello spettatore è per similitudine quanto già si poteva intravedere in Amarcord (id., 1973)e in tempi più recenti in Radiofreccia (id., 1998). Entrambe pellicole calate nella provincia emiliano – romagnola. Entrambe dotate di personaggi, amicizie e narrazioni tramandate fino all'affacciarsi sulla scena delle nuove generazioni.
La California al quale ci offre accesso Cinzia Bomoll, regista, ma ancor prima scrittrice, è invece un ‘non luogo’ o almeno esiste veramente ed è un insieme di case in cui ci s'imbatte se si solcano i campi della provincia est di Modena, unica differenza con il titolo della pellicola, la scelta dell’amministrazione di rinominare il paese: Casale California, imposta dai furti ripetuti dei cartelli segnaletici. Probabili ricordi per turisti buontemponi. Il luogo al quale ci introduce la regista non è quindi il medesimo, ma una rappresentazione di tutti quei piccoli paesi satellitari che compongono la nostra penisola e che rispetto a città più o meno grandi sono meno attraenti e dai quali chi vi abita, meglio ancora se giovane, desidera ardentemente andarsene non voltandosi più indietro.
A distanza di 11 anni dal suo precedente lavoro, il musical Balla con noi (Id., 2011), l'autrice felsinea decide quindi di tornare al genere noir, solcato anche nella stesura dei suoi romanzi. Muovendosi in un territorio, non solo geografico, che ben conosce e riuscendo a confezionare un thriller psicologico mascherato da dramma non generazionale, ma famigliare, quello di due sorelle simbiotiche ma anche altrettanto differenti, impersonate dalle cantanti pop Silvia e Giulia Provvedi, dal 2012 meglio note con il nome d'arte di Donatella.
Il film è anche impreziosito dalla voce narrante di Piera Degli Esposti, fino alla perfetta caratterizzazione di ogni personaggio; da Yuri, punk per convinzione, allevatore di maiali per lavoro e padre suo malgrado, interpretato dal cantante Lodo Guenzi. A sua moglie Palmira, veterocomunista interpretata da Giulia Giovanardi. Ad Abner, padre di quest’ultima ed ex partigiano, impersonato da Andrea Roncato.
Al fianco dei protagonisti si aggiungono una serie di comprimari fra i quali spicca Stefano Pesce, parvenu e villain mefistofelico per il quale è fin troppo facile provare un reale disprezzo. Tutti membri di un cast che ha quale tratto comune una composizione quasi esclusivamente emiliana e al quale si aggiunge, come ulteriore trait d'union con l'esordio cinematografico di Luciano Ligabue, la presenza, seppur secondaria, del reggiano Enrico Salimbeni, questa volta nel ruolo di un manager musicale decisamente sui generis.
Primo indubbio merito dell'autrice: la capacità di non farsi sfuggire di mano una sceneggiatura che sembra sempre sul punto di sbandare, causa un vortice di caratterizzazioni e camei a volte anche eccessivi. Ulteriore merito: riuscire a trovare un colpo di scena conclusivo capace di far cambiare in corso d'opera il genere. Spostandolo dal dramma generazionale alla narrazione a chiare tinte noir.
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