Regia di Cinzia Bomoll vedi scheda film
La California si può definire riuscito solamente (per la second)a metà, presentandosi come una sorta di commedia grottesca punk che gira spesso a vuoto per quasi un'ora, salvo premiare la resistenza dello spettatore con una bella parte conclusiva nella quale i toni della commedia si fanno più neri ed il thriller affiora deciso.
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La California, Modena, Italia. Sì, La California, con l'articolo davanti: non si tratta di un refuso, ma di una località sita in piena Emilia. Per dirla con Piera Degli Esposti, qui voce narrante alla propria ultima corsa (e anche sceneggiatrice insieme a Christian Poli e alla regista Cinzia Bomoll), La California è una distesa di campi di grano che arriva fino all'orizzonte, dove non c'è niente, ma dove può succedere di tutto. Effettivamente, in questo film ipercinetico, che inizia con una ragazza che sembra guardarsi allo specchio rivedendo sé stessa morta in una vasca da bagno adagiata in mezzo alla campagna, succede effettivamente di tutto, forse anche qualcosa di troppo.
Dopo l'incipit appena accennato, ambientato in pieni anni '90, l'orologio del racconto torna indietro fino ai primi '70, quando le due gemelle che ne saranno il fulcro - Alice e Ester - vengono concepite da una coppia di sedicenni: lui un anarchico detto Yuri il punk, e lei Palmira, una compagna con Lenin al collo, il PCI nel cuore, e una carriera alla FGCI bruciata per la loro nascita, a suo dire.
Da qui alla fine, gli eventi seguiranno l'ordine cronologico, e i salti temporali in avanti saranno scanditi dai notiziari che segnalano eventi storicamente importanti: la strage di Bologna (1980), il crollo del Muro di Berlino (1989), la discesa in campo di Berlusconi o la morte di Kurt Cobain (1994). Nel mezzo, un mare di colori, di spunti, di personaggi, tanto da lasciare talvolta senza fiato o senza bussola, in una evidente ansia di comunicazione che, quando non porta a momenti di stralunata ilarità, finisce per stuccare. Superati i convenevoli e le farraginose presentazioni della prima parte, la storia molla gli ormeggi, e i dialoghi - spesso frizzanti - diventano più organicamente funzionali ad un'azione che trova il proprio centro nel rapporto simbiotico tra le due sorelle, fisicamente identiche ma agli antipodi su tutto, e nella loro promessa di restare sempre insieme messa in discussione, manco a dirlo, dall'amore - o meglio, da una sfida per sottrarsi un uomo.
Popolato da un cast a dir poco curioso, con due star dei talent a fare le protagoniste (Giulia e Silvia Provvedi, in arte le Donatella, invero convincenti), una manciata di cantanti prestati al cinema (Angela Baraldi, Nina Zilli, Andrea Mingardi, Lodo Guenzi - quest'ultimo noto per la musica, ma a dirla tutta già attore, divertente nel ruolo del papà punkettone), e attori che difficilmente ci si aspetterebbe in un film di questo tipo (nonno Andrea Roncato, ma soprattutto il cileno Alfredo Castro, attore feticcio di Pablo Larrain), La California mette decisamente troppa carne al fuoco (peraltro, la stessa regista afferma che c'era materiale per una miniserie in due puntate, aggiungendo che i tagli, ritenuti necessari, hanno fatto venir meno dei raccordi e degli approfondimenti), e per questo si può definire riuscito solamente (per la second)a metà, presentandosi come una sorta di commedia grottesca punk che gira spesso a vuoto per quasi un'ora, salvo premiare la resistenza dello spettatore con una bella parte conclusiva nella quale i toni della commedia si fanno più neri ed il thriller affiora deciso: difficile bocciarlo, altrettanto incensarlo.
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