Regia di Giuseppe Bertolucci vedi scheda film
Giuseppe Bertolucci si è sempre distinto con i suoi film, che hanno fatto sempre un percorso diverso da quello del fratello, la suo voglia di sperimentazione supera ogni ostacolo e si lascia andare, alle volte con alterne fortune, ma sempre su un piano interessante e personale, a tematiche e realizzazioni particolari e che vanno anche oltre il cinema di autore, su cui alle volte si mettono certe scelte. Qui c’è un lavoro in comunione completa con gli attori, che viene distribuito in diversi piani, almeno tre, e poi montato in maniera strategica ed apparentemente confusionaria, mentre si riesce ad intrecciare momenti della lettura del testo, alle prove e le riprese effettive. Un scelta audace e non certamente indirizzata al grande pubblico, ma con una dose di disponibilità e concentrazione, risveglia in noi una curiosità ed una partecipazione che premia poi lo sforzo, non certo qualunque, di un’ idea di film e riesce a mettere a dura prova gli attori, che partono dalla discussione del film per arrivare all’ascolto del regista, spesso risultante dalla voce fuori campo, o ripreso sempre casualmente e molte volte in maniera sfuocata, fino ad arrivare all’interpretazione che deve necessariamente passare per queste fasi per arrivare al risultato aspirato. A parte questi dati che formano la intelaiatura del film, che però fa parte del film stesso, il tema è di come affrontare un personaggio da parte dell’attore con l’interpretazione, da quale punto di vista, da quale disponibilità o concetto un interprete riesce ad entrare nei luoghi essenziali e culminanti di un personaggio. Attori diversissimi danno una loro teoria in merito, e se ne prendono tre in maniera quasi simbolica, facendo dare loro una testimonianza di come intendono entrare nel personaggio. Si inizia con Mariangela Melato, che con una esibizione anche autoironica, è determinata a entrare nello spirito del ruolo attraverso la menzogna; il fatto è che un attore finga per essere il personaggio, che naturalmente deve avere ricchezze interiori tali da suggerirgli la sua interpretazione. Il ruolo preso in considerazione è Casa di Bambola di Ibsen, e l’attrice dice appunto che Nora non può trasmigrare nei vari attori determinandone il coinvolgimento personale, ma solo la finzione motivata determina l’interpretazione. Altra attrice simbolo è Stefania Sandrelli che motiva il suo metodo di interpretare nel rimanere sempre sé stessa; i registi cambiano, le richieste anche, ma lei rimane sempre sé stessa affrontando il ruolo, e per quest’attrice non facciamo nessuna fatica per tenerlo a mente!!! . Alida Valli testimonia, con la su assenza ed un passaggio di sceneggiatura scritta e letta dall’interprete del film, che l’attore interpreta l’illusione in scena, creandoci nel nostro immaginario un qualcosa che non è realmente vissuto, ma illusoriamente visto, e Bertolucci sceglie delle immagini di un film del 1947, l’anno in lui è nato, firmato da Soldati da un romanzo di Balzac. Ogni premessa delle tre attrici è naturalmente esemplificata dal regista tramite gli attori, ed in special modo dall’attrice protagonista vero brillante visibile nel film, senza mai essere in tonalità didascaliche, a cui magari il quadro si presterebbe.
da vedere solo
regista che affonda nell'inaffondabile
attrice superlativa, elo sappiamo, ma qui arriva oltre
E' una ragzza intelligente che dovrebbe approfondire meglio il suo lavoro, ne vale la pena
attore che conosciamo e confermiamo
una interpretazione sensibile ed inaspettata
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