Regia di Giuseppe Bertolucci vedi scheda film
Ho avuto la fortuna di vedere questo film oggi a lezione. Sebbene inizialmente "violenti" un pò lo spettatore con questo montaggio caratterizzato da un insistente jump-cut in puro stile nouvelle vague ancora più radicale e selvaggio del godardiano "À bout de souffle", presto ci si fa l'abitudine e si inizia a comprendere il meccanismo per il quale si passa dal film tout-court alle prove delle riprese, alla lettura a tavolino del copione, sì che ogni scena è un miscuglio, quando non un affiancamento, ripetizione, sovrapposizione (anche solo audio) di materiale finzionale e materiale backstage. Inscindibile da questo aspetto è l'interessantissimo discorso metatestuale che Bertolucci affronta su più livelli d'interpretazione:
1) Sul piano istrionico, il significato della rappresentazione, della messa in scena e dell'interpretazione dell'attore. Recitare è menzogna? E' gioco? E' illusione? Probabilmente è tutte e tre o, come ripetono spesso i personaggi, "dipende da te".
2) Sul piano tecnologico. "L'amore probabilmente" è il primo film italiano girato (non interamente) in digitale. Solo un terzo è girato in pellicola. Nello specifico, Bertolucci fa uso della celluloide per i totali, solitamenti carrellati, a indicazione di un cinema "puro", ma non più nobile delle invasioni di set che si concede con le prime telecamere della sony. Il messaggio, sebbene proposto in maniera interessantissima, è molto semplice: la tecnologia è ben accetta, in quanto favorisce il cinema, non solo dal punto di vista fisico e pratico, ma anche economico (inizialmente il film doveva essere girato interamente in pellicola, ma il regista, in corso d'opera, si innamorò della tecnologia, in più si poteva risparmiare....). Il finale è particolarmente efficace, in quanto non si è più in grado di distinguere a che livello di finzionalità siano le immaigni che ci vengono proposte.
Davvero affascinante e meraviglioso, non nega nemmeno molteplici spunti di riflessione su svariati temi (uno su tutti "era ossesionato dal 3! Perchè si era accorto che il 3 era l'unico numero che lo faceva sorridere..."). Girato a Lucca e nelle cave di marmo di Carrara.
Fatale. La perfetta "francesina" (dichiarato nel film dal regista), compete con Jean Seberg di "Fino all'ultimo respiro"
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