Regia di Claver Salizzato vedi scheda film
Non è un film brutto: è molto peggio. Devo trattenermi, per non dire che, purtroppo, una cosa del genere si traduce perfino in una mancanza di rispetto nei confronti di chi a Cefalonia ci morì davvero. In I giorni dell'amore e dell'odio, come diceva Bartali «gli è tutto sbagliato», a partire dal titolo e da una sceneggiatura inqualificabile per assurdità delle premesse e degli sviluppi, nonché da un cast inconsulto, comprendente il romano Daniele Liotti e lo spagnolo Liberto Rabal (due attori altrove più che dignitosi) nella parte di due fratelli altoatesini, Wolfgang e Helberg Nones, dei quali il primo si sente - chissà perché, italiano, mentre l'altro si sente tedesco. Per arrivare ad una realizzazione sciatta e miserevole come raramente si è visto al cinema (le forze armate tedesche vengono addirittura definite, in una didascalia, «werhmacht»), per sfociare in una battaglia sbrigativa e retorica al tempo stesso - Helberg spara con due pistole, come neanche il generale Custer a Little Big Horn, mentre Wolfgang pare Achille in mezzo ai Troiani - con un abuso di ralenti da far impallidire perfino il peggior Renzo Martinelli. Le immagini patinate dell'inizio, ambientate intorno ad una idilliaca baita di montagna, sembrano un mix tra i cartoni animati di Heidi e la pubblicità dei wafer Loacker.
Sull'episodio dell'eccidio di Cefalonia, consiglio il documentario girato dalla Rai per La storia siamo noi di Giovanni Minoli.
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