Regia di Scott Cooper vedi scheda film
Adattamento targato Netflix dell’omonimo romanzo del 2003 di Louis Bayard e ispirato a un romanzo breve di Edgar Allan Poe, The Pale Blue Eye è un noir gotico con al centro un’indagine su una serie di omicidi rituali, legati (forse?) al mondo dell’occulto, nella famosa Accademia Militare di West Point agli inizi dell’800, con la presenza tra gli investigatori proprio del celebre scrittore originato da un elemento storicamente documentato, ovvero la sua (breve) permanenza nell’accademia militare proprio nell’anno in cui è ambientata la storia, una vicenda opportunamente romanzata e filtrata dalla personalissima visione del suo regista Scott Cooper (Il fuoco della vendetta, Crazy Heart, Black Mass, Hostiles, Antlers) per un mistero capace di creare una profonda connessione con le opere di Poe (vedi le continue citazioni, tra le tante, a Il Corvo e a Il Cuore Rivelatore) e che si imbastisce di verosimiglianza tale da apparire quasi come un vero fatto di cronaca (in realtà mai accaduto), con sprazzi anche di contemporaneità e un’ombra di nefasta angoscia ad ammantare una tragedia che odora di mistero, paura e morte, ulteriormente amplifica da una gelida foschia che ne denatura stilisticamente l’intero mondo.
I Delitti di West Point, costato 80 milioni di dollari, è un giallo e/o thriller d’atmosfera ma è soprattutto un film evocativamente elegante, morbosamente emotivo e che racconta in modo inaspettato una storia classicissima ma con una punta di sperimentazione, misurandosi con le impostazioni canoniche del thriller cinematografico ma trasfigurandone le componenti poliziesche presenti.
Una pellicola dal potenziale ingente, quindi, che però tende e impantanarsi in discorsi inutilmente dilungati o in pause eccessivamente elucubrate, in modo anche paradossale rispetto alla caratteristica brevità narrativa della produzione di Poe, o in plot-twist poco sorprendenti e/o troppo prevedibili, per un inedito Buddy Movie gotico che cerca comunque di affrancarsi da certi cliché del genere ma che rimane ancora eccessivamente verboso, troppo freddo e distaccato per appassionare il pubblico.
A convincere pienamente sono invece le atmosfere e le ambientazioni di uno Stato di New York ottocentesco molto diverso dal solito: desalato, gelido e inospitale in un parallelismo (anche troppo?) diretto con lo stato emotivo dei protagonisti ma anche perfetto contraltare agli inquietanti omicidi della storia che la freddezza dell’ambientazione rende ancora più tragici e grotteschi.
Al centro di queste vicende una coppia di investigatori atipica formata dall’Augustus Landor di Christian Bale, un uomo disilluso con un tragico passato ma particolarmente abile nel risolvere crimini che l’attore riesce a restituirci attraverso una performance sottratta, accattivante ma minimale, e dall’Edgar Allan Poe di Harry Melling, affascinante nelle sue stranezze (e verbosità) ma, per quanto divertente e simpatico, anche troppo esageratamente caricaturale.
Stesso destino per il personaggio di Gillian Anderson, troppo macchiettistica ed esagerata per una storia dalle atmosfere così profondamente cupe e gelide.
Concludono il cast Lucy Boynton, Toby Jones, Harry Lawtey, Timothy Spall, Charlotte Gainsbourg, Simon McBurney e Robert Duvall.
VOTO: 5
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