Regia di Antonietta De Lillo vedi scheda film
Se nella scorsa stagione Wilma Labate, con “Domenica”, si concentrò sul ritratto di una ragazzina forzatamente dropout circondata da una Napoli quasi spettrale, Antonietta De Lillo, con “Non è giusto” (suo terzo film per il cinema dopo “Una casa in bilico” e “Matilda”), raddoppia. Proponendo la storia di due adolescenti costretti a trascorrere il loro tempo tra separazioni e smarrimenti, sotto un Vesuvio d’estrazione borghese, che non ha urgenze sociali ed economiche. I bambini, insomma, anche se accessoriati di zaini firmati e di papà pronti a tutto pur di bilanciare i sensi di colpa, reclamano - giustamente - più attenzioni e una sensibilità che gli adulti di oggi sembrano avere rimosso, dimenticato, addirittura azzerato. Anche grazie all’ausilio di telecamere digitali, De Lillo alleggerisce le atmosfere, ma l’amaro resta: con un tono minimalista e un rispetto assoluto dei punti di vista dei suoi acerbi protagonisti («Non un film sui bambini, ma di bambini» dichiara Antonietta), entra nel mondo ad altezza Ozu in punta di piedi, senza dimenticare di essere prima che una regista, una madre. Se i quarantenni di oggi paiono impunemente “distratti”, le loro compagne si dividono: chi verso una comoda incomprensione, chi verso una ricerca volta a sviscerare il punto di ripartenza.
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