Regia di Valentino Orsini vedi scheda film
War movie dalla prospettiva dei partigiani portato in scena con piglio documentaristico (con tanto di narratore che racconta, fuori campo, le varie vicende). Il pisano Valentino Orsini, storico collaboratore dei concittadini fratelli Taviani, cerca con Corbari di fondere le sue due grandi passioni: il cinema e i documentari (di cui era degno alfiere). Improntato su una sceneggiatura che prende ispirazione dalle gesta dell'eroico Silvio Corbari, insignito con la medaglia d'oro al valore militare, Corbari è una pellicola dalla spiccatissima vena drammatica, per nulla interessata a fare spettacolo o a porre una delle due parti contrapposte su un piano di valori depauperati dalla violenza o dalla fredda lucidità nel commettere omicidi. Corbari, interpretato da un Giuliano Gemma alle prese con un personaggio diverso dai suoi soliti cliché (di simpatica carogna), uccide a sangue freddo, assuefatto dallo spirito di vendetta e dal suo porsi quale giudice e giuria. Si veda l'assassinio del direttore di un giornale (l'ottimo Adolfo Lastretti), perpetrato con gli stilemi degni del terrorismo rosso in auge nel periodo di uscita della pellicola. Certo, il suo fine ultimo è nobile. Intende liberare i paesi dall'egemonia nazi-fascista, eppure i suoi metodi sono figli di un odio di fondo che depersonalizza il nemico e si forgia su sistemi propri di un Che Guevara ante litteram. Difficile da controllare, poco incline alla collaborazione con gli altri gruppi di partigiani, Corbari è un personaggio scomodo per tutti (continuano i rimandi a Che Guevara). L'eroismo e il lieto fine non sono aspetti che procedono a braccetto nella realtà e, soprattutto, non possono giungere dopo aver perpetrato una lunga scia di sangue, con tanto di blitz nelle case di imprenditori (che sostengono il fascismo perché questo è una garanzia di tutela alla proprietà privata), a funerali di autorità e nelle stazioni dei carabinieri. E così Corbari, pur diventando un mito e una leggenda popolare e poi nazionale, finisce impiccato in mezzo alla piazza alla stregua del più bieco dei criminali. Una fine esemplare che, come tutte le fini esemplare, forgia anche il mito capace di andare oltre il tempo e insinuarsi nei racconti che, di mano in mano, giungono alle generazioni future. Orsini gira la fine di Corbari con presa documentaristica e la cosa acquista grande effetto. Peraltro, il film tende ad aumentare di efficacia al decorrere dei minuti, grazie anche a un montaggio estraniante e a una melanconica colonna sonora di Benedetto Ghiglia. Il cast artistico è superiore alla media dei film similari. Oltre a Giuliano Gemma, non poi così idoneo al ruolo, abbiamo Frank Wolff, Tina Aumont e un giovanissimo Alessandro Haber. Piace molto Daniele Dublino nei panni del tenente fascista che conduce le indagini contro i partigiani e guida le esecuzioni, apparendo spesso muto pur aprendo la bocca e conferendo ordini di morte. Le esecuzioni, per effetto soprattutto del montaggio alternato fatto di dettagli e movimenti della labbra non seguiti dall'ordine vocale (sovrastato dalla musica), sono tra le sequenze più riuscite del film.
Pur se penalizzato da qualche caduta di ritmo e da caratterizzazioni non troppo curate, si tratta tuttavia di un apprezzabile prodotto che prende dal cinema bis gli attori e un certo modo di mettere in scena i momenti di azione (semisoggettive e prospettiva dai mitraglia che vomitano fuoco letale) per plasmare un film quasi in odore di neorealismo postumo. Non male.
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