Regia di Tom Stoppard vedi scheda film
Leone d’oro al Festival di Venezia (non so dire se meritato o meno, ma sicuramente fu discusso) per il film che Tom Stoppard ha ricavato ispirandosi ad un suo importante lavoro teatrale.
Cinema teatrale e shakespeariano portato al limite (con estreme conseguenze), con invenzioni intellettuali altisonanti, che si attorciglia su se stesso creando scampoli degni di una vera e propria opera d’arte portata avanti senza piegarsi ad alcuna logica dettata dalle consuetudini e nella quale anche l’importanza dell’immagine non è lasciata da parte.
Rosencrantz (Gary Oldman) e Guildenstern (Tim Roth) sono due vagabondi che si perdono facilmente sui dettami tipici del caso e che finiscono nel bel mezzo una recita condotta da un capocomico (Richard Dreyfuss) di passaggio.
Partecipano così alla follia di Amleto e finiscono dentro ad un’avventura dai risvolti inaspettati.
Certamente non è un film per tutti, il tema del “teatro nel teatro” è in questo caso sospinto fino ai confini più distanti ed impervi che questo modo di raccontare una storia possa consentire o ammettere.
Brillante, per quanto ovviamente forzata (ma non è la mera logica, non per niente più uscire “testa” dal lancio di una monetina per 79 volte di fila, l’orizzonte di quest’opera),la direzione di Stoppard che redige passaggi temporali e narrativi di di gran resa ed avvalendosi di due cavalli di razza come Gary Oldman e Tim Roth, entrambi qui ancora giovani ma già oltremodo validi, in grado di rendere appagante anche il più semplice dei loro (tanti) conciliaboli.
E le loro discussioni sono scritte e rappresentate (quasi) sempre con un gusto in grado di andare sentitamente oltre (dalla testa o croce, alle domande in risposta ad altre domande con movimenti da campo da tennis), fino alla parte finale che offre un colpo di genio dietro l’altro, tra il viaggio in nave, la lettera cone le direttive, l’incontro con i pirati (decisamente teatrali e spassose le pose di Oldman nel letto) e l’atto conclusivo menzionato già fin dal titolo italiano.
Opera affascinante, altezzosa e conscia delle proprie potenzialità (e per questi motivi può anche essere “respinta” al mittente qualora non recepita) un gioco al massacro che ha un profumo tutto suo e che assume connotazioni più uniche che rare.
Forse discutibile, personalmente più affascinante che altro.
Maneggia senza tentennamenti, anzi conduce fino ad arrivare alle estreme conseguenze, un suo lavoro teatrale.
Non fa quindi sconti e trova soluzioni narrativo/figurative notevoli che esplodono completamente nel finale.
Più unico che raro.
Un istrionico come lui si presta benissimo ad un contesto del genere.
Aderente.
Duetta meravigliosamente con Roth, anzi il suo personaggio ha anche qualche arma in più che lui riesce a rendere al meglio.
Grandioso.
Personaggio misterioso e loquace.
Prova consistente la sua.
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