Regia di Jennifer Kaytin Robinson vedi scheda film
“La borghesia, il proletariato, la lotta di classe, cazzo.”
“Strangers on a Train” (en attendant la foudre...) aggiornato alla metaplatforms-era (“spoiler”: ponendo l’accento morale sullo “stranger”, declinato al singolare e puntato unidirezionalmente di ritorno riflesso verso tutti gli altri) e con un tocco di… glennergy.
- We should team up and do each other's revenge!
- Ah-ah-ah! Ah-ah-ah!
- …?…
- Oh, you're serious. Absolutely not.
- Why?
- Uh, because I'm not capable? I can't do revenge. I mean, is “do revenge” even, like, correct grammar?
- Oh, I'm sorry, “Schoolhouse Rock”! Are you dragging my sentence structure right now?
Se fosse uscito negli anni ‘80, questo “Do Revenge” (titolo volutamente semi-sgrammaticato che “a” Villino Rattazzi hanno giustamente tradotto - in un passaggio dei dialoghi - con “prendersi”, invece di “farsi”, vendetta) e opera seconda alla regìa, dopo “Someone Great”, di Jennifer Kaytin Robinson, classe 1988 (e già creatrice di “Sweet/Vicious” e co-sceneggiatrice di “Unpregnant” e “Thor: Love and Thunder”), che la scrive (con Celeste Ballard) ambientandola nella sua città natale, Miami, sarebbe oggi un piccolo classico a mezza via tra John Hughes (the BreakFast Club, Pretty in Pink) e, col procedere dei lustri, “Election” (1999, Alexander Payne, Tom Perrotta, Reese Witherspoon), “the To Do List” (2013, Maggie Carey, Aubrey Plaza) e “BookSmart” (2019, Olivia Wilde, Kaitlyn Dever), o, per meglio dire, secondo me ha buone probabilità di diventarlo, tra un quarto di secolo, molto più di prodotti quali “Mean Girls” (2004, Mark Waters, Tina Fey, Rosalind Wiseman, Lindsay Lohan) e “Easy A” (2010, Will Gluck, Bert V. Royal, Nathaniel Hawthorne, Emma Stone), che “a naso” mi sembrano già entrati in una sorta di parziale dimenticatoio.
[Maya Hawke che fa il bagno col supporto emotivo (pet terapy) di Fay the Iguana-Lizard, aka Oscar Winner Olivia Colman, ed amica.]
C’è da dire che dura praticamente due ore, cioè un pochino troppo, anche se i 120’ scorrono abbastanza fluidi, con rallentamenti solo a tratti; che i 10 minuti iniziali suonano un po’ “stran(iant)i” senza Maya Hawke [se Uma Thurman e Kate Micucci avessero una figlia, beh, ecco! Hm, ok, forse mi sono perso un passaggio... Comunque: LadyWorld, Stranger Things, Human Capital, MainStream e the Good Lord Bird, più due camei in "Once Upon a Time in... HollyWood" (Linda Kasabian) e "Fear Street - Part One: 1994"], la quale, dopo essersi riservata una gran bella entrata in scena, e anche se Camila Mendes (“Riverdale” e “Palm Springs”) risulta molto brava, rimane la forza trainante del film, accanto ad un paio di ottimi volti nuovi quali Talia Ryder (“Never Rarely Sometimes Always”, “West Side Story”, “Master”) ed Ava Capri (sino ad ora a me sconosciuta), oltre allo stesso timoteocialacosante - ma nonostante ciò puranch’esso molto bravo - Austin Abrams (“This Is Us”, “Euphoria”) e ad una piccola parte, oltre a quella di Sarah Michelle Gellar nel ruolo della preside, per una Sophie Turner da applausi (questa Sansa Stark avrebbe fatto paura a Ramsey Bolton); e che col procedere delle alleanze, dei tradimenti e dei “colpi di scena” (ma quello più importante, il cuore etico del film, cui già ho accennato nella riga iniziale di questo pezzo, è molto ben impostato, rivelato e svolto: poteva succedere che s’innamorassero delle loro reciproche vittime, o che, nel compiere vendetta, scoprissero di essere state a loro volta “inconsapevoli” carnefici di qualcun altro - e difatti, almeno in parte, per l’appunto, è così -, ed invece il twist principale è qualcosa di meno banale e semplicistico del previsto) l’assuefazione subentra. Ma detto ciò, un 6.5 (***¼) d’incoraggiamento vigile e responsabile è difficile non darglielo (anche per via del fatto che non si lascia ingabbiare dai t∂mpi).
Fotografia di Brian Burgoyne (“SMILF”, “Swimming with Sharks”). Montaggio: Lori Ball & David S. Clark. Musiche di Este Haim (e si sente) e Amanda Yamate. Resto del cast: Rish Shah, Alisha Boe, Jonathan J.D. Daviss, Paris Berelc, Maia Reficco e Rachel Matthews. Prodotto da Likely Story e distribuito da Netflix.
“La borghesia, il proletariato, la lotta di classe, cazzo.”
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