Regia di Ridley Scott vedi scheda film
L'unicità di questa opera cinematografica è rimasta negli anni e per sempre rimarrà. Il capolavoro assoluto di Ridley Scott (mai ci fu prima o dopo un suo film tanto riuscito per critica e pubblico) è nell'immaginario collettivo il kolossal per eccellenza ricollegandosi ai kolossal del secolo scorso e ne riprende le sembianze. Già dalle musiche suggestive, che compongono metà dell’intera bellezza del film, si capisce la portata della pellicola, in simbiosi perfetta con la fotografia che rispecchia i tempi rappresentati e crea un’atmosfera unica che ti entra nelle vene, la pelle la assorbe come un profumo di cui non ti stanchi mai di sentire l’odore.
Già dai primi “momenti” di questo storico film, si riesce a leggere il ruolo che andrà ad occupare nella storia del cinema, già da quell’uccellino solitario su un ramo spoglio che il comandante Massimo Decimo Meridio (Russell Crowe) osserva prima della fatidica battaglia. Lo osserva e poi gli concede l'unico sorriso, sincero e puro, che vedremo sul suo volto in uno dei pochi momenti di serenità che anticipa sangue e battaglie, stormi di frecce infuocate che trapassano corpi, in luoghi scuri di grigio dove solo il fuoco arde.
Dopo la battaglia...la gloria. Un'imperatore fedele alla patria e leale al suo esercito, onora un soldato che si prende la vita di molti in cambio della libertà della sua terra e del suo popolo, ma la pace non è di questo mondo (ne di quello raccontato) ed è per questo che entra in scena il "cattivo", come in ogni buon film drammatico e allora sono scintille. Joaquin Phoenix incarna in modo eccellente il principe, poi imperatore crudele, Commodo e con la sua aura di bellezza, bravura e crudeltà, spodesta il padre dal trono, e Crowe dal ruolo di protagonista, e si destreggia tra palazzi che colano di ori e stoffe e mettono in risalto tutto lo sfarzo romano, passeggia tra le statue degli avi passati che vegliano su di lui e sui suoi misfatti, e non si lascia intimorire dai loro sguardi gelidi, tanto è convinto di essere nel giusto. Allora il comandante, tanto caro al caro padre, diventa schiavo e gladiatore e si ritrova a combattere per la libertà propria come (forse) quel lupo che lo rincorreva sui campi di battaglia aveva intuito e ululava una supplica a fermarsi. Prima nelle arene poi li dove c'è "il cuore pulsante di Roma", sulla sabbia del Colosseo, circondato dagli altri corpi assetati di vittoria, dove l'unione è intesa come forza contro il nemico che è contro Roma: Commodo. Commodo che osserva divertito, che trama contro chi trama contro di lui e osserva le battaglie e sceglie di destini di chi si affronta in arene cosparse di sudore e sangue il cui odore imprime l'aria e colora la terra e sembra che non ce ne mai abbstanza. Osserva il popolo sovrano che acclama Massimo e lo incorona re, osserva lui abbassare il capo e ricevere la sua corona. Da li in poi è tutta un'apoteosi di rabbia e sentimenti (la conquista dell'amore di Augusta Lucilla e del padre defunto...e non) fino all'ultima inaspettata ed eccitante battaglia dove a vincere è solo Roma, un sogno realizzato. E mentre l'ispanico si affaccia ai campi elisi e l'imperatore diventa storia, da quel marasma di citazioni ne tiro fuori una che sembra giusto dedicare a colui che questo film ha diretto da mozzare il fiato: "Ciò che facciamo in vita riecheggia per l'eternità". FINE.
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