Regia di Ridley Scott vedi scheda film
180 d.C. Conquistati anche i confini settentrionali dell'impero grazie ad una perentoria vittoria ottenuta dal generale Massimo Decimo Meridio (Russell Crowe) sui barbari germanici che ancora opponevano resistenza, l'imperatore-filosofo Marco Aurelio (Richard Harris) - ormai vecchio e stanco - vorrebbe consegnare a lui il potere perché Roma possa tornare una Repubblica. Il figlio Commodo (Joaquin Phoenix) lo uccide, inaugurando così una nuova successione dinastica, e manda a morte Massimo. Quest'ultimo, grazie ad una formidabile prontezza, sfugge alla pena ma finisce nelle provincie romane dove viene "usato" come gladiatore. Da qui le sue gesta lo riportano a Roma come fenomeno da baraccone e la lotta impari con l'imperatore vanitoso, dissoluto e folle si riapre, fino a quando Massimo non riuscirà ad ucciderlo durante un combattimento all'interno del Colosseo.
Capolavoro di enorme potenza spettacolare, il film tratto dalla storia di David Franzoni e sceneggiato dallo stesso autore con John Logan e William Nicholson riporta, dopo alcune prove incerte (L'albatross, Soldato Jane) il regista oriundo inglese sugli allori dei tempi di Alien, I duellanti e Blade runner. Allo spettacolo faraonico, con battaglie e scene di lotta di straordinaria cruenza e indicibile fascino, Scott aggiunge un apologo sulla decadenza dei tempi, sottintendendo in maniera nemmeno troppo implicita la prossimità tra la corruzione della Roma imperiale, che - all'insegna dei panem et circenses - imboniva il popolo e certe società postmoderne. Lo stile è compatto e senza concessioni a patetismi e retorica (esclusa quella propria degli uomini del tempo), incline a romanzare qua e là la vera vicenda (Marco Aurelio sembra che morì di peste; Commodo fu veramente ucciso da un gladiatore durante un combattimento) ma complessivamente fedele alla Storia. Un pagina di grandissimo cinema, un peplum destinato a rimanere nella memoria anche per la prodigiosa interpretazione dell'australiano Crowe.
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