Regia di Ridley Scott vedi scheda film
Massimo X Meridio/Russel Crowe è il comandante delle truppe romane che aiuterà Cesare Marc’Aurelio a conquistare tutta l’Europa e gran parte dell’Africa. Il suo compito lo svolge con merito e dedizione e l’imperatore, ormai vecchio gli confida che sarà lui il suo erede e non il figlio legittimo Commodo/Joaquin Phoenix, troppo instabile ed iracondo per governare Roma. La situazione degenera quando il figlio geloso decide di impossessarsi della corona d’imperatore in tutti i modi. Con Commodo a governare comincia per Massimo un lungo e doloroso percorso personale condotto in nome di una vendetta necessaria.
“Il Gladiatore” nasce per essere un kolossal post-moderno e forse, in fondo, ci riesce. Non sono certo i numerosi premi Oscar, mai come in questi ultimi anni per niente indicativi della bontà di un film, a legittimare la riuscita del film. Nè il cast, la regia e la produzione: di prim’ordine. Il bello del film sta nell’aver cercato, soprattutto in certi frangenti, di rendere un ossequioso omaggio ai film storici del periodo d’oro hollywoodiano: specie nei dialoghi e nelle scenografie, nelle penombre degli interni, nella crudezza delle battaglie, il film coinvolge, emoziona, senza tuttavia mai incantare. La storia, di fondo meravigliosa, con un paio di risvolti interessantissimi e tutt’altro che scontati, sembra essere tracciata con poca profondità: in fondo in oltre 2 ore e mezzo di film si sarebbe potuto raccontare anche qualcosa in più, sottraendo magari qualcosina di troppo didascalico alle immagini, in cui il regista sembra talvolta perdersi, condannato da una sorta di autocompiacimento che non è mai un gradito elemento filmico. Inoltre, sul piano prettamente visivo (e questa forse è la più grave pecca del film), Roma sembra spoglia, priva di palazzi, di monumenti, di “imperiosità” e il Colosseo sembra di cartapesta, palesemente frutto della digitalizzazione al computer.
Bravissimo Joaquin Phoenix, che interpreta davvero bene il ruolo di uno dei più cattivi antagonisti degli ultimi anni. Se la cavano anche Crowe e la Nielsen.
Piccola critica al direttore casting: sarà banale, ma il fisico e la fisiognomica dei romani, specie dei Senatori, nel mio personalissimo immaginario non corrispondono affatto ai volti scelti per interpretarli (Jacobi ed Hemmings). Stesso discorso per Richard Harris, più vicino ad Obi Wan Kenobi che a Marc’Aurelio.
In conclusione: curiosità per la parentela di Massimo: una splendida Gianina Facio, stranota soubrette anni ’80 e il piccolo Giorgio Cantarini (il bambino de La Vita è bella, per intenderci) sono la moglie ed il figlio di Massimo.
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