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Butcher's Crossing

Regia di Gabe Polsky vedi scheda film

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La recensione su Butcher's Crossing

di pazuzu
4 stelle

Butcher's Crossing di Gabe Polsky (tratto dall'omonimo libro di John Williams) parte discretamente bene. Il problema è quel che non accade dopo, o meglio, come la narrazione viene gestita.

 

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Da Harvard, dove studia(va), il giovane Will decide di andarsene in Kansas: è il 1874, e l'eco delle gesta di JD McDonald, che s'è trasferito a Butcher's Crossing facendo i soldi con le pelli dei bufali, gli è arrivata tanto forte da fargli decidere di andarlo a cercare. Una volta raggiunto nel suo negozio, questi lo liquida con poche parole, perché un conto è vendere pelli come fa lui (che ne piazza quarantamila l'anno), un altro è andare a caccia come il ragazzo vorrebbe fare, stando fuori per giorni e rischiando di impazzire.
Ma Will è testardo, entusiasta ed ha qualche centone da buttare, quindi, spostandosi poco più in là, si infila nel saloon adiacente per accollarsi al cacciatore Miller - un Nicholas Cage con la barba lunga, la testa rasata e il vezzo di pettinarsela col rasoio - il quale gli gira la stessa proposta a cui tutti da nove anni gli rispondono con un secco "No", ovvero quella di una vallata piena zeppa di bufali dalla quale tornare facendo i soldi veri: il problema è che andarci è lunga, dato che sta in Colorado, e a conti fatti servono sei settimane e cinque o seicento bigliettoni.
Will non esita un secondo: lui tempo ne ha da vendere, mentre la cifra richiesta è esattamente quella che ha in tasca.
Quindi: detto, fatto. Si parte! Non dopo però aver aggregato due tizi voluti da Miller, uno fidato e l'altro no: quello fidato è il predicatore Charlie, il suo braccio destro con la mano sinistra mozza, mentre dell'altro, Fred, si fida poco e la cosa è reciproca (tanto che preferisce un salario fisso che la divisione di un malloppo a cui non crede), ma quel che conta è che è il miglior scuoiatore su piazza.

 

 

Butcher's Crossing di Gabe Polsky (tratto dall'omonimo libro di John Williams) parte discretamente bene. Il problema è quel che non accade dopo, o meglio, come la narrazione viene gestita. Buona parte dei difetti ruotano attorno al teorico protagonista, Will, e al suo restare un bozzetto nonostante per quasi tutto il tempo i personaggi sullo schermo siano solamente quattro: a parte un approccio sessuale con una bella e giovane prostituta finito con il forfait di lui al momento clou, che sembra appiccicato con lo sputo tanto è avulso dal contesto, nulla d'altro fa la sceneggiatura (dello stesso Polsky e di Liam Satre-Meloy), nè Fred Hechinger che lo interpreta ci mette del suo, per dargli una parvenza di tridimensionalità, o anche solo qualche indicazione che giustifichi il suo viaggio da Harvard, o qualcosa che dia un senso al cilecca di cui sopra. Niente di niente: il protagonista Hechinger sembra una comparsa, finendo annientato non solo dal prevedibile istrionismo di Cage - invero meno marcato che altrove, comunque meglio servito da un personaggio ambiguo al punto giusto - ma anche dal mestiere di Xander Berkeley e Jeremy Bobb (rispettivamente Charlie e Fred).

 

 

Nel contesto della fragorosa vacanza del personaggio principale, con il quale la storia chiederebbe di empatizzare, il grosso delle schermaglie avviene tra gli altri tre figuri nel complessivo disinteresse generale, e il racconto si trascina stanco e ripetitivo laddove si vorrebbero accumulare tensione e senso di straniamento, fino ad aggrovigliarsi in un punto morto tanto lungo da sembrare una linea retta, e tanto che gli elementi più interessanti sono le nozioni che Miller/Cage fornisce a Will/Hechinger per uccidere più rapidamente i bufali o per avvelenare i lupi che puntano le carcasse, manco ci si trovasse in una specie di Anti-Quark diseducativo.
Voleva essere un film sull'avidità e sull'ossessione? sulla mascolinità e sul rapporto tra uomo e natura? Quale che fosse l'obiettivo, è chiaramente fallito per via di una scrittura superficiale che sembra non riuscire ad approfondire nulla.
Un'immagine, e una sola, resterà a visione ultimata: quella di Nicholas Cage che si alliscia la pelata con la lametta (ma da sola non vale la visione del film).

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