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L'appuntamento

Regia di Teona Strugar Mitevska vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su L'appuntamento

di laulilla
8 stelle

Era una donna giovanissima (nata a Skopje nel 1974), Teona Strugar Mitevska, la regista di questo film, al tempo degli accordi di Dayton, che, fortemente voluti in ambito NATO, avrebbero dovuto concludere – sappiamo che non fu così – la prima sanguinosa guerra dei Balcani.

Era durato quasi quattro anni, questo conflitto, ennesimo atto della feroce pulizia etnica che, con l’appoggio della Russia, Serbi e Croati avevano scatenato contro la convivenza multietnica e la cultura delle pacifiche regioni della Bosnia e dell’Erzegovina.

Sarajevo, Srebenica, Mostar sono diventate tristemente note per la crudeltà dei crimini subiti dalla popolazione locale, espropriata delle case, della memoria e della dignità umana, nonché della cultura, testimoniata dai monumenti famosi, dalle biblioteche, dalle scuole e anche dalle musiche.

 

Il desiderio di lasciare alle spalle quel passato umiliante, le indicibili sofferenze ancora evidenti nei corpi mutilati e stuprati – così come nelle ferite ancora aperte dell’anima – è comprensibile e forte, ma non facile da realizzare.
L’antica Sarajevo – diventata una città devastata dall’artiglieria nemica, dalle bombe e dai cecchini ovunque appostati per impedire ai superstiti di rivendicare i propri diritti, le proprie case, il proprio ruolo sociale – stenta a ritrovare la pace.
I suoi abitanti stanno perdendo la memoria, ciò che è ovvio per i più giovani ma meno ovvio per chi ha tradito, cercando di adeguarsi alle mutate condizioni…

Il film ci dice che, quando non si impazzisce e si riesce a vivere e a lavorare guadagnando bene e in autonomia, si cerca come si può di dimenticare, anche accettando qualche “speed dating” , ovvero quegli incontri veloci "al buio" che i nuovi padroni  della città – i filo-russi di sempre, gli speculatori che intendono cancellare il passato sia riparando le case otto-novecentesche semidistrutte, sia spianando gli enormi cimiteri, per far posto a enormi nuovi palazzi – organizzano favorendo il formarsi di nuove coppie in un ambiente “neutro”, in pieno anonimato.

 

Le gentili finte hostess che guidano, in un albergo periferico sulle colline, i single in cerca di compagnia, dopo averli forniti di un camicione uguale per tutti, di un numero e di un partner ritenuto adatto, accompagnano gli avventurosi in una finta Svizzera: Zurigo e Basilea i nomi degli stanzoni previsti per gli incontri di quel giorno, con un breve intervallo per un pranzo fintamente multietnico.


Asja (Jelena Kordic) aveva già scelto on line il partner: era Zoran (Adnan Omerovic), che aveva scritto, nella domanda di ammissione, di essere  l’uomo più felice del mondo.

Asja era sicura di non volere legami: era un’apprezzata consulente legale, guadagnava bene, aveva una madre protettiva e ancora qualche familiare vivo dopo che i serbi erano entrati, a colpi di mitraglia sfondando i vetri del suo appartamento di Sarajevo, la maledetta notte di Capodanno in cui era iniziata l’invasione.

Zoran era, invece, felicemente sposato e felicemente padre; era un bancario e guadagnava bene.

Non cercava avventure, ma cercava la donna che aveva subito gli effetti degli spari di quella notte: allora era un ragazzo serbo che aveva sparato per diventare un "vero uomo", ma ora conviveva col rimorso ed era in attesa quasi spasmodica di perdono: quel passato lo schiacciava e lo imprigionava nell’orizzonte limitato di Sarajevo, dove abitava con la famiglia che si era creato, dove lavorava, ma dove ogni muro, ogni pietra, ogni luogo gli ricordava la bravata di quel maledetto Capodanno insanguinato…

 

 

La notte che si avvicina, mentre si addensano nubi fosche e pesanti sulla città al tramonto del sole, potrebbe dirci, con le immagini, che nessun perdono è possibile quando la guerra criminosa, voluta dagli stessi burattinai nella vicina Ucraina, minaccia di nuovo la convivenza civile fra i popoli.

Lo sguardo della regista macedone Teona Strugar Mitevska (Dio è donna e si chiama Petrunya) che ha ideato e diretto il film, e, in parte, lo ha sceneggiato, ha accompagnato molto bene con la macchina da presa il racconto largamente autobiografico di Elma Tataragic, sceneggiatrice di quest'opera amara e disperatissima, di non facile interpretazione, ma sicuramente da conoscere..

 

Presentato a Venezia (2022) sez. Orizzonti e ora in sala

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