Regia di Sergei Loznitsa vedi scheda film
The Kiev Trial (2022): scena
Venezia 79. Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica.
Per un paio di giorni "The Kiev Trial" è stato un evento fantasma, fagocitato dal famelico sistema di prenotazione targato Vivaticket, sparito nel nulla tra l'indifferenza delle operatrici della Biennale e miracolosamente riapparso qualche ora prima delle proiezioni.
No guardi non è possibile che sia stata prenotata l'intera Sala Darsena per un collage di filmati in bianco e nero di fine guerra mondiale. Glielo assicuro. Il buon Loznitsa aveva già compiuto una simile operazione nel 2018 quando aveva raccontato in "Process" la farsa staliniana delle purghe legalizzate. Glielo giuro signorina, eravamo quattro gatti all'impopolare visione delle 22:00. Visto l'ingrato fuggi fuggi di allora è pressoché impossibile che in 30 secondi, stamattina, abbiano prenotato più di mille persone. Le rammento che si tratta della proiezione delle 22:00, oggi come allora. Prenda nota. Le assicuro signore che è IMPOSSIBILE che Vivaticket se lo sia dimenticato da qualche parte. No no signorina, le ribadisco che il vostro sistema non ha mai inserito il titolo nelle prenotazioni. Signore, inoltrerò una segnalazione. Nel frattempo provi a vedere qualche ora prima se qualcuno cancella la prenotazione così da subentrare. Ma no signorina. Allora non ha capito proprio niente! Nessuno ha prenotato! Bip. Lasciamo perdere. Conversazione noiosa.
Che la tipa al telefono abbia segnalato la mia frustrazione non ci giurerei. Non avevo Tessa Thompson dall'altra parte del filo ed il film non era "The Listener" ma "Sopravvivere in Laguna". Comunque sia il buco me l'ero tenuto per la prenotazione arrivata puntualmente in zona Cesarini. Complice l'assenza ingiustificata e il tenore del documentario eravamo (ancora una volta) pochissimi ma almeno eravamo preparati allo spettacolo e così il via vai non c'è stato. Un fantasma (il film) per una casa degli spettri (la sala vuota).
The Kiev Trial (2022): scena
Sergei Loznitsa, regista ucraino che ha fatto arrabbiare i suoi connazionali allo scoppio della guerra schierandosi contro l'embargo cinematografico a danno dei russi, perché così facendo si penalizzano anche gli artisti avversi al regime di Putin, ha raccolto abbondante materiale dagli archivi storici ucraini ed ha ricostruito il processo avvenuto nella capitale Kiev a danno dei nazisti catturati dall'Armata Rossa. Kiev come Norimberga con la sola differenza che a giudicare non era l'Occidente ma l'Unione Sovietica, sul patrio suolo e alle proprie condizioni. Come in "Process" il copione è lo stesso. Si assiste alla lettura dei capi d'accusa, alla dichiarazione di colpevolezza, alla difesa degli imputati fino alla lettura della sentenza. Attraverso le accuse mosse nei confronti degli imputati e attraverso il tentativo ultimo di schermirsi dalla accuse Loznitsa mette in luce i peccati dei tedeschi, le responsabilità degli ufficiali di vario grado davanti agli eccidi di ebrei e alle vessazioni imposte al popolo russo. Lasciano senza fiato le testimonianze sui bambini immolati alla brutalità tedesca specie nei territori popolati da genti russe e germaniche in cui i meticci erano gramigna da estirpare e bruciare nella Gaenna. Rimane sullo stomaco l'atteggiamento indignato della giustizia sovietica verso la Soluzione Finale. Pura ipocrisia che salta facilmente all'occhio. L'antisemitismo stalinista, nascosto dal paravento della sfida al complottismo anti-sovietico, fece strage di ebrei russi tra deportazioni e omicidi. Al di là delle singole testimonianze sugli orrori perpetrati dalle S.S. e dall'esercito nei confronti della popolazione, la parte più angosciante è senza dubbio quella che si consuma al di fuori delle mura del tribunale. Loznitsa può accedere ai filmati delle esecuzioni. Monta vari materiali raccontando per filo e per segno la macraba cerimonia, ponendo l'attenzione ora sulla folla, ora sugli esecutori della sentenza di morte, usando varie angolature per inquadrare le vittime. Il terrore nei corpi degli impiccati e ipnotico come la dialettica studiata nell'imitare Hitler osservata nei gesti e nella pustura degli ufficiali tedeschi di maggior grado durante il processo.
Mentre i corpi penzolano all'unisono dalla forca qualcosa si spezza dentro. Non siamo al cospetto della finzione cinematografica. Quegli uomini, quei criminali, sono veri e le loro morti davanti ad una folla festante placarono, veramente, la sete di sangue del popolo ucraino. La morte è propaganda. Lo stato sovietico fa sfoggio dei muscoli e dei principi di giustizia e onore. In tempi tanto delicati molti in Ucraina immaginano già i corpi dei generali russi mentre emettono, attaccati alla corda, gli ultimi spasmi. La storia è una ruota che gira. Prima o poi i russi verranno processati per le atrocità commesse un tempo dai tedeschi. Il monito di Loznitsa è rassicurante e tremendamente spaventoso.
The Kiev Trial (2022): scena
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Certo che con tutti i vostri racconti sull'odissea delle prenotazioni state contribuendo a tenermi lontano dal Lido anche l'anno prossimo.
:D
Passi per l'esordio (2020), perdoniamo anche un secondo giro difficoltoso, ma al terzo colpo no, diamine!
-_-'
Crederei più facilmente a Babbo Natale che alla sala Darsena esaurita alle 22. Io me la ricordo sempre deserta a quell'ora (ovviamente, il tenore della programmazione è fatto apposta)!
Caro Daniele, che dire. Speriamo che l'ottantesima edizione sia quella buona!!
Dovresti provare solo così sapresti giudicare se era meglio con le code o con le prenotazioni. Ogni tanto qualche novità positiva c'è. Quest'anno la Sala Corinto e la corsia preferenziale ai gate per gli accreditati. Magari l'anno prossimo è la volta di un servizio prenotazioni decente. Ah ah!
«Ha ragione, non è possibile, nessun forestiero può entrare nel castello senza permesso». «Dove si deve richiedere questo permesso?». «Non so, forse dal custode». «Allora chiediamolo per telefono; presto, telefonate al custode, tutti e due!». Essi corsero all'apparecchio, ottennero la comunicazione - come si stringevano attorno al telefono! all'apparenza erano di una docilità ridicola - e chiesero se K. poteva venire con loro al castello l'indomani. Fin dal suo tavolo K. poté sentire il «no!» della risposta. Ma questa era ancora più esplicita: «Né domani, né un'altra volta». «Telefonerò io stesso», disse K. e si alzò. Se finora, a parte l'incidente del contadino, K. e i suoi aiutanti erano passati quasi inosservati, quest'ultima frase richiamò l'attenzione generale. Tutti si alzarono allo stesso tempo di K. e, malgrado il tentativo dell'oste di tenerli indietro, si strinsero in semicerchio attorno all'apparecchio. L'opinione prevalente fra di loro era che K. non avrebbe ricevuto risposta. K. dovette pregarli di stare zitti, dicendo di non aver chiesto il loro parere.
Dal ricevitore uscì un brusìo come K. non aveva mai sentito al telefono. Era come se dal brusìo d'innumerevoli voci infantili - ma non era un brusìo, era un canto di voci lontane, lontanissime -, come se da questo brusìo si formasse, in un modo che aveva francamente dell'impossibile, un'unica voce, acuta ma forte, che colpiva l'orecchio quasi chiedesse di penetrare più profondamente, oltre il misero organo dell'udito. K. ascoltava senza parlare, aveva appoggiato il braccio sinistro alla mensola del telefono e ascoltava.
Non poteva dire per quanto tempo era rimasto così; a un certo punto l'oste l'aveva tirato per la giacca dicendo che era arrivato un messaggero e chiedeva di lui. «Via!», gridò K. incapace di controllarsi, e forse lo gridò dentro al telefono perché all'altro capo del filo qualcuno rispose. Si svolse il seguente dialogo: «Pronto, sono Oswald, chi parla?», gridò una voce severa e arrogante, con un leggero difetto di pronuncia - così parve a K. - che l'uomo si sforzava di compensare con un'aggiunta di severità. K. esitava a dire il proprio nome, di fronte al telefono era inerme, l'altro poteva tuonargli addosso, riattaccare il ricevitore, ed egli si sarebbe preclusa una strada che forse non era trascurabile. L'esitazione di K. spazientì l'uomo. «Chi parla?», ripeté, e aggiunse: «Gradirei molto che mi si chiamasse un po' meno spesso da lì, hanno appena telefonato un minuto fa». K. non raccolse l'appunto e con improvvisa decisione disse: «Sono l'aiutante del signor agrimensore». «Quale aiutante? Quale signore? Quale agrimensore?»
Un fiorino!
Ecco più o meno così. Il palazzo del cinema come il Castello
grazie Roberto...le tue proposte non me le perdo mai....in modo assoluto!!
Questo film è senza dubbio una proposta interessante e valida per conoscere il passato.
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