Espandi menu
cerca
Pearl

Regia di Ti West vedi scheda film

Recensioni

L'autore

mck

mck

Iscritto dal 15 agosto 2011 Vai al suo profilo
  • Seguaci 207
  • Post 137
  • Recensioni 1158
  • Playlist 324
Mandagli un messaggio
Messaggio inviato!
Messaggio inviato!
chiudi

La recensione su Pearl

di mck
8 stelle

The Yellow Brick Road towards... "A Free Ride", ovvero: “Non si tratta più di cosa voglio, Mitsy. Si tratta di ottenere il meglio da ciò che ho.”

 

 

È una folle disperazione centripeta quella che anima l’acme (non mi riferisco ai due long take da due minuti l’uno, vale a dire la struggentemente delirante esibizione soubrettistica letteralmente parrocchiale con bambinesca coreografia camp/kitsch mental-degenerata e il volto paralizzato da un freeze-frame biologico in un piangente sorriso alienato ritratto con un primissimo piano reiterato su cui scorrono i titoli di coda, ma al monologo in piano-sequenza di sei - 6 – minuti, espandibili con un paio di minuti in più presenti prima dell’ultimo taglio effettivo, che Mia Goth regal’al mondo, facendo “confessare” il suo personaggio di fronte alla sister-in-law) di quest’ottimo “Pearl”, la 2ª parte (secondo la cronologia produttiva, mentre per quanto riguarda quella interna è la 1ª, in attesa della 3ª, che sarà tale in un senso e nell’altro), ma stand-alone, della trilogia (X, “Pearl” & “MaXXXine”) che Ti West e, a ‘sto punto a tutti gli effetti, Mia Goth, hanno creato in sintonia col - e in omaggio al - “the Texas ChainSaw Massacre & the Hills Have Eyes” worldbuilding/grindhouse-style, qui con cromatismi archers-bava-sirkiani (la fotografia è sempre di Eliot Rockett).

 


Pearl - An X-traordinary Origin Story” (Texas, 1918, sul finire della Prima Guerra Mondiale e all’inizio della Prima Grande Epidemia Influenzale da H1N1, parente alla lontana del SARS-CoV-2, entrambi a RNA a singolo filamento, l’uno, orthomyxoviridae, a senso negativo, e l’altro, coronaviridae, a positivo), girato nell’estate-autunno australe a ruota di X (del quale ne ribadisce l'incipit fordiano e la mitopoiesi pornografica, che sarà poi confermata sin già dal titolo in MaXXXine) nella “bubble” anti-CoViD19 sugli stessi set nord-neozelandesi utilizzati per quel film affidandosi a parte della troupe e della squadra produttiva espansa/estesa nel tempo di “Avatar - the Way of the Water” durante un periodo di relativa “pausa” nella lavorazione di quel blockbuster d’autore, montato (come il precedente e quasi certamente il successivo) con grande intelligenza (forse il modo più efficace per passare dall’attesa fuori dalla chiesa all’interno del salone delle audizioni è con uno stacco netto, e così è stato fatto) dallo stesso regista, musicato filologicamente (sempre da Tyler Bates, questa volta in coppia con Tim Williams) e post-prodotto un anno dopo, compie un passo in avanti, grazie alla performance di Mia Goth, rispetto al già lodevole capostipite: brava, bravissima, braverrima.

 


E se Mia Goth [Nymph(‘)Maniac, the Survivalist, A Cure for Wellness, MarrowBone, Suspiria, High Life, Emma, MayDay, X, the House, MaXXXine] impera, al suo fianco fanno egregiamente il loro dovere Tandi Wright (la madre), Matthew Sunderland (il padre) ed Emma Jenkins-Purro (Mitsy, la cognata). A chiudere il cast principale è David Corenswet (il proiezionista).
Ringraziamenti (oltre che per Scott "Kid Cudi" Mescudi, che co-produce) per, tra gli altri, Alex Ross Perry, David Lowery, Eli Roth e Joe Swanberg.
In una piccola parte (molto più presente fuori scena di quanto compaia poi effettivamente sullo schermo), infine, anche Howard (qui interpretato da Alistair Sewell nel ruolo che fu/sarà di Stephen Ure), il marito di Pearl, ritornante dalle trincee di fango, sangue, vomito e merda del fronte europeo, dalle Ardenne alle Fiandre, passando per Verdun e la Somme: che vuoi che siano per lui un paio di cadaveri permanentemente invitati a pranzo?! Raggiungere le nozze di pietra - il 65° anniversario di matrimonio - sarà uno scherzo.

 

 

Produce Little Lamb con Mad Solar e distribuisce A⇔≡≡≡⇔≡≡≡⇔≡≡≡⇔≡≡≡⇔≡≡≡⇔24.

 

E poi c'è Theda, un Alligator mississippiensis, (pro)genitrice di quello del 1979.

 


Quand’ecco che un fotogramma - immaginiamolo immortalante Theda (Bara) nei (pochi) panni di “Cleopatra” (J. Gordon Edwards, 1917) - s’invola (qui, un superstite degli originali 150.000 frammenti costituenti le 2 ore abbondanti impressionate su 2 chilometri e mezzo di pellicola avvolta su 11 rulli) sul ciglio di una sterrata che attraversa i campi di granturco…

 

 

The Yellow Brick Road towards... "A Free Ride", ovvero: “Non si tratta più di cosa voglio, Mitsy. Si tratta di ottenere il meglio da ciò che ho.” 

* * * ¾ - * * * * (7.75)    

Ti è stata utile questa recensione? Utile per Per te?

Commenta

Avatar utente

Per poter commentare occorre aver fatto login.
Se non sei ancora iscritto Registrati