Regia di Darren Aronofsky vedi scheda film
Un uomo di 136 chili si masturba guardando un video porno gay, improvvisamente entra in casa un giovanissimo predicatore della New Life e l’uomo in stato di agitazione gli chiede di leggere un passo da “Moby Dick e la balena bianca” di Melville. Ma non è esattamente Melville. L’uomo sovrappeso si chiama Charlie ed è assistito dalla cognata Liz, insegna letteratura per una università on line tenendo spenta la telecamera. Con una pressione alle stelle e con la volontà di non volersi ricoverare ha i giorni contati. Charlie sposato e con una figlia, decise di lasciare il tetto familiare per scappare con un suo allievo. In questi last days decide di rivedere Ellie a distanza di dieci anni. La ragazzina si rivela ribelle e ostile, scorretta e perfida. Lui vuole aiutarla nelle lacune relative alla composizione dei temi, la asseconda perché la ama più di ogni altra cosa al mondo. Charlie insegna la sincerità, la libertà di pensiero ai suoi allievi. Egli sembra tormentato da sensi di colpa per quell’abbandono, vive l’obesità come una colpa, ma all’epoca agì per quello che oggi predica. Chiamasi coerenza. E la sua ultima settimana ricorda la passione di un cristo obeso.
“The Whale” è un ritratto moralistico, puritano di un uomo che incarna l’ennesima America profonda e puttana. Charlie rinuncia ad un’assistenza più dignitosa, alle cure, ad un ricovero, ad un’assicurazione sanitaria per dare tutto a Ellie, creatura indifferente figlia del tempo digitale e social. Per Charlie è meravigliosa, la cosa più bella che abbia creato. Le grandi contraddizioni USA sono incarnate dal regista Darren Aronofsky nella persona del protagonista. La conclusione è la morale double face della pellicola: il missionario pecorella smarrita ritrova la via di casa, Liz (il personaggio più autentico) piange lacrime sincere, Ellie a fine corsa ha un cuore, il papà Charlie va in cielo.
“The Whale” ha un finale da trip mistico, una trama abbastanza dozzinale che Aranofsky piega alla narrazione prediletta: raccontare la dissoluzione dei corpi e la redenzione delle anime. La retorica, rispetto ai meglio compiuti “The Wrestler” e “Il Cigno nero”, è dietro l’angolo. Resta la performance eroica di Brendan Fraser e i suoi reiterati mi dispiace. Anche a noi sinceramente.
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