Regia di Darren Aronofsky vedi scheda film
Charlie è un professore di lettere megaobeso che lavora in remoto senza mai spostarsi da casa, per colpa delle sue gravi condizioni di salute. Che sono, però, una sua completa scelta: deluso dalla vita dopo il suicidio del compagno, Charlie ha preferito rinchiudersi nella sua tana per darsi una morte lenta e lontana dagli sguardi altrui. L'unica persona che si occupa di lui è una dottoressa che ogni tanto va a trovarlo. Fino a che, un giorno, la figlia adolescente dell'uomo compare alla sua porta dopo molti anni.
L'Oscar a Brendan Fraser per questo ruolo da protagonista – e quello ai suoi truccatori – non sorprende/sorprendono in alcun modo: perché la performance dell'attore nella parte di Charlie è sostanzialmente l'unica cosa che si salva di The whale, un film che tenta disperatamente in ogni modo di sembrare controverso, ma finisce per generare sbadigli e risatine nonostante l'aria pesantemente drammatica. C'è persino una specie di lieto fine biascicato malamente tra le immagini, con quel drastico riavvicinamento della figlia adolescente e la delirante ascesa in cielo del protagonista: tutto davvero troppo, nel complesso. Troppo banale in alcuni snodi fondamentali, troppo leggero nelle battute e nei personaggi (scritto in maniera a dir poco approssimativa quello di Thomas, snervante quello “overacting” di Ellie), troppo carico di indici puntati tutto il film – puntati contro la cattiva alimentazione, ça va sans dire, ma soprattutto contro l'egocentrismo dei nostri tempi, contro l'apparenza messa davanti alla sostanza, contro l'incapacità di voler bene al nostro prossimo a prescindere dalle sue scelte di vita. Ed eccoci infatti al messaggio ipercristiano tipico dei lavori di Aronofsky: immancabile anche in questa occasione, finisce per trascinare un dramma intriso di sentimenti forti in una folle farsa nella quale tutti i personaggi ruotano attorno al protagonista chiedendogli di continuo quando muore. E la svolta, nel bene o nel male che sia, pare non arrivare mai: la scena conclusiva risulta pertanto non solo telefonata, ma anche attesa fin dalla prima sequenza, perché in buona sostanza nulla succede nelle due ore della trama di The whale e, per quanto ben girato e narrativamente solido nonostante la scelta di girare praticamente tutto all'interno di una stanza, la tensione non cresce mai. Non una visione complicata, di certo, ma se non fosse per Fraser non sarebbe neppure un film memorabile. 4/10.
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