Regia di Darren Aronofsky vedi scheda film
Un film doloroso. Uno dei più difficili da sopportare, umanamente, fra tutti quelli che ho visto. Aronofsky non è nuovo nello scandagliare il disagio dell'essere umano, basti ricordare "Requiem For a Dream" e "The Wrestler". Generalmente è un regista che tende ad andare sopra le righe, un po' ricattatorio nel cercare la facile commozione, ma in questo piccolo dramma da camera, tutto pare in equilibrio e ogni particolare, anche la pioggia, ha un ruolo. Un enorme (anche fisicamente) Brendan Fraser è prigioniero del suo corpo, un esoscheletro d'adipe che lo costringe a rimanere quasi immobile. La sua vita è ormai al termine, soffocata da un inevitabile tracollo cardio-vascolare e da una serie di ricordi e fallimenti, con cui si deve confrontare. Ne nasce un melò d'interni, dove attorno al suo corpo enorme, danzano la figlia abbandonata, un finto predicatore, la ex-moglie e la sorella del compagno con cui si era rifatto una vita. Aranofsky, sorprendentemente, non cade nella trappola del pietismo, ci mostra la situazione per quella che è, ci mostra la realtà delle cose e della vita, ci tortura di domande senza risposte e solo nel finale si abbandona (e ci abbandona) a quella luce salvifica, aprendoci alla più pura delle commozioni. Film micidiale, "The Whale", che ci fa complici e spettatori, dove l'empatia, almeno per quello che mi riguarda, è enorme come i panini che si mangia il protagonista. Un film magnifico, un capolavoro di cose dette e non dette, di sincerità e di cattiveria. E di speranza, nonostante tutto. Di profonda speranza.
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