Regia di Darren Aronofsky vedi scheda film
Dopo il melo' quasi horror e fintamente intellettuale rappresentato da "Madre", che aveva lasciato solo moderatamente convinti, Aronofsky sceglie ancora una volta la formula del melo' estremo, declinandolo secondo la propria personale poetica, stavolta meno allegorica e più centrata su un percorso di sofferenza personale che giunge nel finale alla catarsi, in una prospettiva molto più terrena e concreta rispetto al rifugio illusorio di una religione che sceglie di etichettare come peccato ciò che è semplicemente espressione di un'affettivita' e di un'emotività dilaniata. "The whale" è un melodramma che si nutre di suggestioni disparate, che conserva la struttura teatrale della piece di riferimento ma che cita a piene mani da "Moby Dick" di Melville e sembra guardare ai numi tutelari di una drammaturgia conflittuale, esasperata come Tennessee Williams e, tra i contemporanei, forse perfino Lars von Trier. La vicenda del professore di letteratura che tiene corsi online, afflitto da un'obesità cronica che rischia di condurlo alla morte, che cerca disperatamente di riallacciare i rapporti con la figlia prima che sia troppo tardi, può risultare toccante o irritante a seconda delle diverse sensibilità degli spettatori, cerca consapevolmente una via alternativa al cinema accademico o troppo anestetizzato a livello emotivo, ma finisce per accumulare fin troppe scene madri e scontri padre/figlia o professore/infermiera e professore/ragazzo di una Chiesa missionaria che vuole salvarlo convertendolo al suo credo religioso. L'enfasi e la ridondanza sono le stesse a cui il regista ci aveva già abituato, ma stavolta c'è un'apertura umanista che conferisce un'apprezzabile intensità ad alcuni momenti, anche grazie allo straordinario lavoro di Brendan Fraser sulla fisicità del personaggio e alla sua mimica così avvolgente e ad una dizione che andrebbe gustata in originale, cosa che non mi è stato possibile fare stavolta (si tratta di una di quelle performance attoriali virtuosistiche eseguite con indubbia padronanza espressiva, ma fatte anche per guadagnare premi e statuette a tavolino, che mi fa preferire stavolta il minimalismo di Colin Farrell in "Gli spiriti dell'isola). Tra i comprimari Sadie Sink nel ruolo dellla figlia è spinta costantemente sopra le righe, Samantha Morton cerca di mantenere una certa sobrietà nella parte della ex moglie, la candidata all'Oscar Hong Chau può contare su un ruolo fra i meglio caratterizzati e Ty Simpkins conferisce interessanti chiaroscuri al missionario, anche se il personaggio finisce per occupare fin troppo spazio. Potendo contare su apporti tecnici consolidati, "The whale" resta una pellicola spiazzante, disturbante, un film d'attore che gioca le sue carte in maniera forse troppo ostentata e che stavolta non è riuscita ad unire la critica americana, con un'accoglienza fin troppo contrastata.
Voto 7/10
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