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Clockwatchers - Impiegate a tempo determinato

Regia di Jill Sprecher vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Clockwatchers - Impiegate a tempo determinato

di jonas
10 stelle

La prima scena è già da incubo: una ragazza in piedi davanti a una scrivania, dietro cui un impiegato legge tranquillamente senza neanche guardarla; solo quando l’orologio da parete segna l’orario di apertura, lui le chiede cosa desidera. Il titolo, vedi caso, significa “quelli che guardano l’orologio” e indica chi lavora svogliatamente, controllando in continuazione quanto manca alla fine della giornata e non vedendo l’ora di andarsene. La ragazza, Iris (la meravigliosa Toni Collette, un’attrice di cui non potrò mai dire abbastanza bene), non è di questo genere: anzi, in ufficio ci va volentieri, perché è un modo per sottrarsi al destino di viaggiatrice di commercio verso cui la spinge il padre (a cui lei non osa opporsi apertamente). Sa che non rimarrà lì per sempre: l’hanno assunta a tempo determinato, per sostituire una collega che ha avuto un incidente, e all’inizio si trova spaesata. Ma presto viene contattata da Margaret (Parker Posey), lei sì una scansafatiche, che nella sua lunga esperienza di lavoro precario ha imparato come acquattarsi nei meandri di un ufficio, lavorando il meno possibile ma dando l’impressione di farlo. Margaret la presenta alle altre: Paula (Lisa Kudrow), che sogna di fare l’attrice ma per ora pensa soprattutto a rimorchiare, e Jane (Alanna Ubach), che sta per sposarsi (con un fidanzato che la tradisce) e che è vagheggiata senza speranza dal fattorino. Le dinamiche interne del gruppo vengono insensibilmente modificate da una serie di piccoli furti che avvengono sul luogo di lavoro e che creano un oppressivo clima di sospetto: le persone vengono controllate, diventa sempre più difficile avere rapporti informali, Iris teme di non potersi fidare delle amiche (Margaret esibisce sulla scrivania un oggetto che apparteneva a lei, Paula rubacchia boccette di profumo in un negozio). La tensione arriva al culmine quando Margaret, dopo aver chiesto alle altre di assentarsi un giorno per protesta e dopo essere stata l’unica a non presentarsi, viene licenziata in tronco (trova il suo posto già occupato da un’altra e un addetto alla sicurezza che la caccia via, per far capire quanto sia spietata la concorrenza anche ai piani bassi); ma proprio allora Iris si accorge di essersi sbagliata sul suo conto. Il gruppo si scioglie tristemente (“Paula è stata trasferita in un’altra sede: spero che continui ancora a recitare. Jane ha fatto un magnifico matrimonio: l’ho letto sul giornale”) e Iris scopre la responsabile dei furti: è una nuova arrivata con evidenti turbe comportamentali, che non lega con nessuno, non dice una parola e cerca pateticamente di contraffarla nel vestire. Allora, prima di andarsene, si prende alcune rivincite: intima alla ladra (con un biglietto, senza parlarle) di restituirle il diario; le si piazza davanti in sala mensa e inizia a sua volta a imitarla nel modo di mangiare; trovandosi da sola nell’ufficio di un dirigente, resiste alla tentazione di prendere un fermacarte (affermando così la sua normalità, di contro alla follia alienante della vita d’ufficio); va dallo stesso dirigente (per cui in passato provava una timida attrazione, illudendosi che lui l’avesse notata) presentandosi come Margaret e si fa firmare una lettera di raccomandazione, spedendola poi all’amica che l’aveva sempre agognata (per riparare alla colpa di aver dubitato di lei); soprattutto, aggiunge alla frase incisa sul suo ex tavolo “I was here” la parola “not”, mentre riflette: “Tutto è a tempo determinato; tutto comincia e finisce, e a volte ricomincia uguale a prima. Se guardo avanti, vedo infiniti futuri che si ripetono come pagine bianche; e in ogni pagina vedo me stessa, non più nascosta, non più seduta in silenzio e non più ad aspettare: aspettare e guardare il mondo che passa”.

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