Regia di João Rui Guerra da Mata, João Pedro Rodrigues vedi scheda film
Ritratto di un film come fantasma. Nel 1963 Paulo Rocha girava I Verdi anni per le strade di Lisbona e avresti potuto vedere il set dalla finestra di casa tua. Oggi lo si vede cambiato, a distanza di 60 anni, e Rodrigues/Guerra da Mata lo vedono ancora scorrere davanti ai loro occhi e dietro un’apparenza contemporanea che sembra porosa e aperta a mille possibilità. Allo stesso tempo, però, a perlustrare i campi svuotati di questa Lisbona deserta è lo spettro presente del Covid, che si sente dalla radio e dai buffi comportamenti di chi vuole evitare il contatto con le maniglie dei portoni. Il film si svolge ancora come in loop, dentro le riprese “vuote” dei due registi, in un tributo letterale e feticistico che è anche una distopia: se oltre alle città il Covid avesse svuotato anche i film degli esseri umani, cosa sarebbe stato di noi?
E invece nonostante il film sia pieno di vuoti e di enigmi invisibili, a venire rievocata è la pienezza di un’epoca diversa, con alcuni appigli reali che attraversano l’immagine, la compenetrano e non la rendono un esercizio, ma viva.
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