Regia di Santiago Fillol vedi scheda film
Il regista Jared Reed vuole realizzare un horror politico in Argentina, raccontando la rivolta di alcuni contadini ai danni dei loro ricchi signori. Abbandonato dalla produzione, approfitta dell’invito della sua assistente (aspirante regista) a girare il film in 16 mm nella casa in campagna di lei, una villa che può facilmente ospitare la storia di una rivolta contro l’aristocrazia. Ma per riuscire a portare a termine le riprese dovrà fare un patto col diavolo. Un meta-horror lento ed elegante in cui Santiago Fillol (qui al suo esordio da regista) discute i confini fra cinema di genere e cinema politico, costruendo dal nulla una tensione che permea la totalità delle scene, con rara capacità di gestire tutto il materiale con cautela e parsimonia, costruendo ogni personaggio su solide fondamenta e nascondendo fino alla fine la vera soluzione del dramma, che spieghi il prologo e la ragione della struttura a flashback. Non sembra affatto il film di un esordiente: per nulla tentato da virtuosismi di sorta, ma chiedendo agli attori di rallentare le loro reazioni e dare intensità ad ogni insignificante momento, Fillol trasforma il film in una tesa corda di violino, tirata alle estremità fuoricampo dall’urgenza storica e dall’accusa contro il colonialismo cinematografico statunitense, nonché della pigrizia creativa degli stessi autori argentini. Alla fine il pessimismo del film non è solo narrativo: è la Storia ad essere infilmabile, perché il Cinema sembra solo strumento e manipolazione. Per questo non è chiaro se Fillol alla fine consideri il cinema di genere come una mera forma di exploitation: rimane un po’ un peccato che Matadero non accolga la possibile provocazione a piene mani, eccedendo magari sulle possibili pieghe thriller con cui la stessa storia poteva essere raccontata. Invece ci si tiene forse troppo su una confezione pulita e gelida, da autore leggermente schizzinoso.
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